Il lavoro del tempo. Sulla pittura di Pier Luigi Lavagnino

Il lavoro del tempo. Sulla pittura di Pier Luigi Lavagnino

7 Marzo 2020 Off di Francesco Biagi

[La redazione della rivista “Altraparola” pubblica una sezione speciale sul pittore italiano Pier Luigi Lavagnino. I testi sono pubblicati assieme ad alcune immagini delle opere selezionate da Anna Lavagnino. La sezione comprende: un articolo introduttivo di Massimo Cappitti, una parte antologica di scritti inediti del pittore, un ricordo della figlia Anna Lavagnino, la biografia e la bibliografia dei testi e delle opere dell’artista. Tale sezione – senza l’ausilio delle immagini – sarà pubblicata anche nel numero semestrale della rivista che è in fase di pubblicazione e stampa (n. 3/2020). Infine, invitiamo il lettore a visitare l’archivio online dell’artista: https://pierluigilavagnino.it/]

 

 

Qui è possibile scaricare la sezione dedicata a Lavagnino in pdf.

 

 

Estate, olio su tela, (cm 13×15), 1963

 

Il lavoro del tempo. Sulla pittura di Pier Luigi Lavagnino

Massimo Cappitti

 

Un profondo senso del tempo attraversa i quadri di Pier Luigi Lavagnino. Sul progressivo sfarinamento del reale si posa, infatti, lo sguardo pietoso dell’artista, chiamato a redimere le cose dalla caducità che le insidia e le destina alla scomparsa. Se il tempo consuma le cose fino alla loro morte, tuttavia anche le custodisce, protette nella memoria. Lavagnino mantiene questa oscillazione tra tempo che sgretola e tempo che ricostruisce. I quadri, dunque, recano l’impronta di questa ambivalenza, che non si lascia rinchiudere in una immagine dominante. Lavagnino, infatti, dà voce a quell’istante che precede lo svanire irrevocabile di cose e uomini. Non a caso, l’artista amava Proust e le riflessioni bergsoniane dedicate alla memoria. Vi è, quindi, all’origine dell’esperienza pittorica «un lungo e silenzioso lavoro», esito della ricerca – mai interrotta – di un linguaggio capace di testimoniare il doloroso travaglio del soggetto alla ricerca di sé, da un lato, e, dall’altro, un nuovo sguardo sulla natura.

L’esercizio della pittura, pertanto, si svolge secondo un «procedere lento», che predilige il movimento interiore, che è accompagnato da rigore e libertà creatrice. Come scrive Lavagnino è «il campo sul quale cammino in lungo e in largo, depositandovi le situazioni del mio animo, le mie nevrosi, le mie angosce. Ve le lascio crescere, esplodere e cerco di capirle e di curarle». Nessun compiaciuto ripiegamento su di sé, però, bensì la consapevolezza della fatica che accompagna ogni creazione. Si tratta, allora, di «osservare, studiare, penetrare la natura delle cose, dove risiede il “segreto”, studiarne gli aspetti più nascosti» e, nel contempo, rimane, perfezionando l’opera, alla ricerca del tratto capace di ricapitolare fecondamente il processo creativo. La pittura, quindi, si affaccia sul «vuoto» dei possibili: vuoto, tuttavia, che rimanda al «pieno del soggetto», al ritrovato senso del reale, che mal si adatta a rappresentarsi in figure definite.

Vi sono, ricorda Lavagnino, «periodo di pausa, nei quali la pittura sembra volersi nascondere, mimetizzarsi», quasi sopraffatta da «retoriche» che pretendono di imporre un nuovo ordine. Si tratta, ad esempio, della pittura «illustrata per il popolo», oppure di un nuovo realismo già obsoleto, o ancora dello snobismo di certe avanguardie, che le spinge all’esercizio sterile della provocazione, da un lato, e, dall’altro, all’estenuante, ostinata ricerca del nuovo, che, però, appena raggiunto, già è destinato al suo rapido superamento. Nella pausa, dunque, prende forma lo spalancarsi dei possibili: ciò che appariva insuperabile mostra la sua precarietà. Eppure, proprio in questo tempo «poco propizio alla pittura», quand’essa, cioè, è osteggiata dall’ambiente e «dai più», quando storici dell’arte, galleristi, maître à penser – «ricchi di potere e privi di spessore» – cercano «di far apparire armai superata, di metterla in un angolo», proprio allora maturano le condizioni di una pratica artistica più libera. Se la letteratura, infatti, restituisce valore alla parola contro «la rigidità della scrittura del discorso», analogamente il pittore deve sottrarre la sua opera all’egemonia che le diverse correnti artistiche, in concorrenza tra loro, pretendono di esercitare.

Lavagnino si confronta con la pittura a lui contemporanea, e non solo con quella, è sensibile alle sollecitazioni che gli provengono dai rapporti con altri artisti, perseguendo, comunque, con rigore e tenacia la propria strada. Si legge in un appunto: «A questo si rivolge il mio vero interesse … l’ombra di un cespuglio, l’ombra di una mela, l’ombra di un torso. Un soggetto esiste, è rintracciabile e collocabile, offre la sua presenza e lascia affiorare la sua plasticità soltanto attraverso l’ombra. A partire dalla misteriosa traccia dell’ombra, da questo vuoto in modo così significativo rimanda il pieno dell’oggetto, il tessuto pittorico si infittisce e vela le cose, lasciandone emergere l’impronta». L’oggetto, dunque, si manifesta nella sua presenza discreta, senza il clamore brutale dell’evidenza che acceca. Lavagnino fa emergere l’intreccio tra luce e ombra, privilegia la traccia e tutto ciò che evoca un significato nascosto che si offre al paziente sguardo del pittore. I suoi quadri, infatti, recano traccia dell’oscurità da cui sono faticosamente emersi, sono, cioè, l’esito della «bellezza sofferente», che intride la sua pittura e imprime ferite nel corpo stesso della tela. Sono materia opaca che si raggruma, sono corrosioni, screpolature, cancellazioni, crepe, ferite che tornano a rinnovarsi, ma anche varchi che aprono vie di fuga dalla sterile rappresentazione mimetica o dalla geometricamente algida astrazione. I colori, appena accennati in taluni casi, attraversati dalla luce che si irradia dal centro della tela, sono tenui, rarefatti quasi, prossimi a stingersi. Pochissimi cenni evocano l’oggetto rappresentato, che sembra svanire. Eppure, nello stesso tempo, c’è in Lavagnino una potenza espressiva, che si manifesta nelle tele dedicate ai paesaggi interiori, alla raffigurazione della natura e alle metamorfosi che ne ridefiniscono il sembiante. Ciò che in misura particolare colpisce, però, è il reciproco implicarsi, come nota Savinio, di luce e ombra, come, cioè, dall’oscurità sgorghi il primo bagliore di una luce che gradatamente si afferma e avvolge docilmente le cose. L’oscurità è lo sfondo da cui perviene all’esistenza il reale: lì le cose acquistano consistenza.

La pittura di Lavagnino, dunque, rivela la fatica dell’opera, il lavoro del tempo che modella le vite e trova nella rappresentazione artistica il suo luogo più proprio.

 

Forme su fondo dorato, olio su tela, 1972/10, (cm 81×100)

 

Sezione antologica. Scritti inediti di Pier Luigi Lavagnino

 

1968

Fogli di diario

 

La mia prima avventura pittorica vide la nascita simultanea di un autoritratto e tre rose di color carne dalle foglie di un verde dorato. Sul cavalletto, la tavoletta di compensato dove progrediva l’autoritratto e di fianco, orizzontalmente sul tavolino, l’altro piccolo supporto sul quale tentavo di far concrescere le rose. A queste ultime davo meno importanza, e ricordo ancora che quel marchingegno di procedimento pareva di aiutarmi nella ricerca del colore della pelle che per me era un mistero affascinante. L’autoritratto al centro dei miei tentativi più coscienti risultò essere rigido e meccanico, senza vita. La tavoletta delle rose, da me più trascurata, era invece libera e viva pur nella sua rozza fattura, dovuta soprattutto all’infantile incertezza del mestiere. Comunque da quell’esercizio, imparai a lavorare con il modello, a studiarlo senza esserne condizionato. Era un’idea non ancora ben chiara ma capii che il modello, lo studio della sua presenza nello spazio, della sua impronta, dà vita all’emozione. Da quel momento può accadere di diretto, di antimanieristico. La materia che si deposita sulla tela può diventare luce, nella quale s’innerva l’immagine.

 

***

 

Senza Titolo, olio su tela, anni ’80, (cm 80×100)

 

Anni OttantaAppunti Sparsi

 

…Parlo del mio modo di essere pittore.

Perché?

Per conoscere me stesso. Per chiarire a me stesso i termini entro i quali posso esprimere la mia visione del mondo.

(Cosa mi occorre per questo?

Osservare studiare penetrare quindi la natura delle cose, dove risiede il “segreto”, studiarne gli aspetti più nascosti)

 

luce e ombra

La luce mi interessa solo in quanto creatrice di ombra, ma è l’ombra che attanaglia la mia mente: è da quella che inconsciamente parto e turba ed eccita il mio desiderio di fare.

L’ombra di un cespuglio, l’ombra di una mela, l’ombra di un volto.

Mi eccita il segreto delle cose, ciò che è nascosto dietro e dentro di esse.

 

Io

io mi sento il soggetto dei miei quadri

io il soggetto,

la tela l’oggetto, lo spazio, il campo, il pozzo entro il quale versare le mie nevrosi e guarirle

 

Ricordo, dalla mia infanzia di pittore, che sempre consideravo il quadro come un testo. Forse la suggestione delle letture.

I Fantasmi evocati da Pavese, Proust…in quella figura di esiliato che rammemora i contorni luminosi e puliti dei paesi della Liguria (Nuto, La Luna e i falò – Biscione  i Racconti) quelli caldi e sensuali di Albertine o quelli più freddi, ma altrettanto pervasi di Eros, di Odette e Gilberte (allora dipingevo figure di donna). Ebbene lavoravo anche di notte con una furiosa lucidità. Il quadro nel suo finito era testo era libro riuscito.

Ora la ricerca che sempre mi coinvolge, pare imprigionarmi, il tempo mi imprigiona , mi sconfigge , mi batte. Mi occorre almeno un anno, tra fare, disfare, rifare.

D’altra parte da Giogione in poi il quadro alto è come il libro. La pittura alta è come la letteratura alta, che è sempre rara nella produzione di ciascun grande scrittore.

Il pittore, penso, dato che anch’esso esorcizza i suoi fantasmi, segue la stessa sorte di un Villon, di Gongora, di un Cervantes, di uno Sbarbaro, di un Pavese, di un Eluard e così via.

 

È finito il tempo delle dichiarazioni fatte dai pittori.

Esse hanno dato inizio alla critica moderna sull’arte.

Ma le loro dichiarazioni erano fatte quasi a voce

vedi Cézanne (il cono la sfera il cilindro in prospettiva) Picasso (io non cerco trovo) Bracque-Picasso (l’emozione frena la regola – la regola frena l’emozione) e così via.

Non sono altro che “les bon mots” di Dégas fermati sulla rigidità della scrittura.

Il termine socratico del valore della parola (del dialogo) contro la rigidità della scittura del Discorso.

Questo parlare, questa materia stesa con la stessa velocità del discorso, tutta tesa a seppellire la struttura l’immagine per poi riscoprirla e darla in sintesi, è l’operazione pittorica.

Ha ragione Socrate, lo scrivere riduce la velocità del pensiero e privilegia la rigida forma espositiva:

fare in una cartella la dichiarazione della propria poetica è fare una sintesi catastale di qualcosa che avrebbe bisogno in folio della stessa estensione della “recherche” proustiana.

Come fa un pittore a scrivere sulla propria visione del mondo? Come può egli scrivere sull’Eros, il dominatore della Natura, del quale ne è tutta pervasa?

Qui preferisco parlare delle cose pratiche.

Troppe chiacchiere si fanno sulla Pittura: essa è un lavoro silenzioso, è una Recherche. Almeno per me. È un modo, un metodo, per curare le mie nevrosi. E per quanto mi riguarda mi auguro sarà una cosa lunga.

Quello che mi interessa di più in questo momento è la sorte del pittore – di noi pittori – di quelli che conosco io – l’inquadramento nella società nella quale vive – il mercato…

 

Senza titolo, olio su tela, anni ’90, (cm 90×65)

 

***

 

Penso e non da ora si stia attraversando un periodo poco propizio alla pittura, anzi, in certo senso, sembra quasi che essa sia osteggiata dall’ambiente, dai più. Un affollarsi di schieramenti, di nuovi arrivi, cercano di farla apparire ormai superata, di metterla in un angolo. I vari maître à penser privilegiano installazioni, progettualità, video, computer, ecc. ecc., gli stilisti, i maestri dell’entretien si accordano tra loro per far entrare nei musei i loro manufatti.

Comunque mi sembra normale tutto questo e certamente non dico ciò per una sorta di ostilità, di scoramento, anzi… non fosse per la confusione che è venuta a crearsi nella testa dei pochi galleristi rimasti e degli ormai sempre più rari collezionisti, devo confessare che la cosa in fondo non mi dispiace.

Vi sono periodi di pausa nei quali la pittura sembra volersi nascondere, mimetizzarsi, per lasciare spazio, meglio, dare corda, alle varie rettoriche che possono assumere via via le vesti più svariate: dall’engagement politico (pittura illustrata per il popolo), al riflusso di un iperrealismo di maniera, alle mode sempre un po’ snob e schizzinose dell’effimero.

Ma è proprio allora, quando essa si ritira dalla mischia che diventa più libera e diviene ancor più efficace con la sua lunga ombra ad invadere la scena.

 

***

 

 

Senza titolo, olio su tela, anni ’90 (cm 62×115)

 

Lettera a Piero Del Giudice, intorno ai primi anni 80, durante la prigionia del poeta

 

Caro Piero ti scrivo da qui, dal mio studio di Liguria in questi giorni afosi di ferragosto. Ti penso, non da ora, seppellito, murato in quella fortezza di Cuneo, con tutti i tuoi assilli, le tue angoscie, forse anche i tuoi voli. Ma soprattutto da quando ho letto quel fiume di parole-immagini, di segnali, di idee che mi hai fatto avere, penso alle tue immersioni in quel lavoro che è tuo, proprio di te, e  mi auguro che esso, anche se non ha nulla di consolatorio, ti serva a curare le nevrosi che tipi come noi, da sempre ci portiamo dietro. Queste nevrosi, che immagino ancor più attanagliarti in questa tua, per me ingiusta segregazione.

Ma torniamo al tuo lavoro. Forse “Gas” “Lisi” “Per Noi” “Bagliore” “360°” sono quello che all’interno della raccolta mi hanno più intrigato. Io però le sento un tutt’uno e così , ancora rileggendo, è l’insieme che mi prende, tanto da considerare il tutto, un’unica poesia, dove “gas” è la dinamo che gira all’interno di un involucro trasparente ma duro e compatto. È bellissima. Il ritmo, l’invenzione, è lo stesso di alcune del libro di Guanda, dei “Morti di San Posidonio”. Anzi, di quest’ultima, l’ho qui nella stesura primaria che tu allora mi desti, vi trovo la stessa valenza poetica, anche se la Pietas di cui quella è tutta pervasa, lascia qui il posto al grido, al segnale perentorio, alla drammatica risonanza di una corda tesa allo strappo.

Una grande tela calcinata dai barbari, violentata da mille ferite, lacerata, ma la sua immagine, legata da tanti fili tutti percorsi da una corrente la cui tensione non s’allenta mai, libera altre immagini, realtà ricreate, aria poetica.

Questo è ciò che penso del tuo ultimo lavoro, Caro Piero. Te lo dico anche perché in questo periodo che mi illudevo riempire con un lavoro proficuo, ho invece sbattuto inutilmente le mie braccia contro il muro della tela. Ho bussato anche forte, ma la pittura non mi ha aperto. Così la tua ultima opera ha riempito questi momenti bui della crisi. Queste crisi sempre ricorrenti che sono come lunghe discese agli inferi.  Non so, Piero. A che serve? Dico dipingere, fare i quadri. Qui tutti ragionano a quintali. I mercanti sono diventati bottegai. I pittori commessi di bottega. Quei pochi cretthe non stanno al giuoco e alzano il tono della loro indipendenza, pagano, pagano, pagano. Pagano già sui quadri e sulla loro pelle, ma pagano anche lo scotto della miseria e della fame. Siamo tornati alla fame. E non ti dico bugie. Non ti parlo di guitti o sedicenti pittori, gente che non c’entra. Ti parlo di pittori, che da anni si impiccano sui quadri. Niente, non si vendono. È pazzesco.

Studiosi, Storici dell’arte non esistono più. I critici, ricchi di potere, ma senza fissa dimora culturale, anche loro sono attorniati da lacché pittori. Usano il potere, pretendono di fare cultura, ma se gratti, non trovi spessore, capisci che non sanno le cose, discutono tra loro con quell’astuta bassezza da Bizantini della decadenza. Anche qui le ragioni della mia crisi, Piero.

 

***

 

Penso anche che la pittura per divenire visione abbia bisogno di difficoltà, di ostacoli da superare. Infatti alcuni grandi pittori, più o meno inconsciamente, se li sono cercati.

 

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Da quando l’arte ha cessato di essere magica e rituale e quindi perdere la sua influenza diretta sulla società è diventata più libera, e quindi ancora più efficace, ma è in quel momento che la società ha smesso di servirsene. Non gli è più necessaria. E così la pittura si appropria di un suo ruolo primario. Essa non è più un mezzo per abbellire la vita, bensì, per dare alla vita una forma, un senso. È per me un modo di essere, il tentativo di respirare in un mondo quasi asfittico: è uno strumento per chiarire la mia visione.

Non ho mai lavorato secondo la natura o dentro di essa, ma parallelamente ad essa. Così per gioco, mi piace pensarla come una splendida amante, molto esigente, alla quale bisogna dare proprio tutto affinché essa ti si sveli e ti riveli i suoi misteriosi segreti. Vi sono interi periodi nei quali essa si nasconde si mimetizza, esce di scena. Così sale il frastuono della rettorica, dell’effimero, dell’engagement; e poi improvvisamente, quasi di soppiatto, sottentra: quindi via via riprende il suo ruolo e si rivitalizza mettendo in un angolo […]

 

***

 

 Senza Titolo, tempera su carta, anni ’60 (cm39x57)

 

Su Bonnard

 

…E’ un gradino ulteriore e non meno profondo di quel cammino della grande civiltà borghese di Occidente che aveva trovato in Bonnard una tappa così solare in apparenza: in realtà così carica di ombre, ombre crescenti da spazi privati, colmi di profumi e di soste domestiche, di pollini che sembravano saturarne i polmoni nonché gli occhi, di pace al limite del proprio declinare della morte. L’angoscia di Bonnard è confessata entro la quiete dei giorni, che entro la sua lunga vita, sembrano senza fine…

 

19 Novembre 1986

Lettera a Carlo Arturo Quintavalle

 

Caro Carlo, lunghe giornate di lavoro da quando dieci giorni fa ci siamo lasciati a Parma ed un quandro, già da tempo in cantiere, è finalmente risolto. Non mi dispiace e mi par di ritrovarvi un ruvida densità.

È tutto costruito da un’ombra leggera che vi circola dentro ad un bagliore, lo illumina nella sua parte alta, dove lo spessore è più accentuato. Assomiglia lontanamente, ma tu ancora nonl’hai visto, al tuo che Marconi ti farà avere. È un quadro che avrei voluto mi uscisse dalle mani un mese fa, prima di andare dal notaio, ma ti prometto sin d’ora che lo conserverò ben nascosto, comunque non in vendita, per poterlo donare ad una prossima occasione. Oggi pomeriggio per dirti tutto ciò, ho tentato più volte di chiamarti in via Goldoni, ma nonti ho tovato. Ho trovato invece, la tua tanto cara, bellissima lettera del 30 settembre… lunga vita alle Poste. Ti ho cercato a casa, ma ancora poco fa alle 23 in tuo telefono era occupato, così ti scrivo venendo all’argomento che ora più mi preme.

Con la tua cara Amicizia, mi indichi schiettamente i pericoli che riscontri nel mio lavoro, in riferimento ai quadri donati all’Università. Mi fai capire che trovi in quelli, uno spostamento verso racconti più estatici, e soffusi e qui, mi assale l’angoscioso dubbio d’aver fallito la scelta. Ciò è plausibile, dato che essa è avvenuta in due tempi distanti tra loro; con tre quadri già in Pilotta, lasciati subito dopo la mia Personale a Parma (ma quelli mi pareva ti piacessero) e gli altri scelti giù nello studio, senza peraltro avere la possibilità di una visione unitaria dell’intera suite. La cosa mi mette in angoscia, tanto che se sarà possibile, io vorrei sostituire i quadri che non vanno; se ciò non fosse corretto prima della mostra, magari subito dopo, ma vorrei poterlo fare.

Ci tengo molto, caro Carlo, perché effettivamente io voglio lasciare a questo museo, se vorrà accettarle, via via le mie opere più significative ed esemplari. E mi turba l’idea che fra esse ve ne siano già ora di deboli o di scarsa valenza pittorica. Anche per questo ti chiedo di venirmi incontro nella sostituzione e ti dico anche che terrei molto rifare la scelta assieme a te, se ti sarà possibile.

Comunque avremo tempo di tornare sull’argomento e discutere su quanto ora ti chiedo.

Mi parli nella tua, dell’entrata in casa di Alessandra Augusta, che io nel frattempo ho già avuto modo di vedere in tutta la sua tenera carineria con bellissimi occhi luccicanti che ben promettono. In questi giorni magici anche se faticosi, intendo di Gloria e tuoi, mi rallegro all’idea che anche il mio quadro In Azzurro vi tenga compagnia. Ve ne saranno altri, caro Carlo, per voi due, se come mi auguro, ne farò ancora di buoni, anche perché mi piace pensare che i quadri buoni sanno dove andare, guidati da una loro buona ventura che li affida a chi più sa capirli ed amarli.

 

Studio, acquerello su carta, 1983 (cm 67×49)

 

Un ricordo

Anna Lavagnino

 

Mi viene in mente quando da piccola, d’estate, nello studio in  Liguria, tra l’odore degli olii e delle carte e la luce che inondava i locali, (una luce piena del profumo dei bergamotti, della vite selvatica, del verde libero che si avvinghiava lungo le pietre antiche del castello, nel silenzio carico come quello di un bosco) per non farmi sentire inutile e per non farmi annoiare, mio padre mi insegnava a lavare i pennelli  con il sapone di marsiglia e non vedevo l’ora che finisse il lavoro per lavarli. Intanto lo guardavo, mentre macinava il colore sul tavolo -tavolozza e sembrava un atto facilissimo, come montare i bianchi d’uovo, e ci volevo provare anch’io, piantando la spatola come in una roccia per me. Ho ancora negli occhi la sua immagine e flebile la sua voce nella testa, davanti alla tela, il  braccio si muove e la fa quasi saltellare segnandola di colori che non riuscivo a capire come potessero venir fuori, ogni tanto si fermava, qualche tiro di sigaretta e poi di nuovo; intanto ascoltava musica, e mi insegnava a riconoscere i diversi musicisti e, come in un gioco, mi chiedeva di riconoscerli. Quando  poi indovinavo ero contentissima. Oppure, mentre guardava la tela su cui stava lavorando e poi si rivolgeva al paesaggio che emergeva dalle grandi e alte finestre, spostando le enormi persiane, mi chiedeva come la visione del fuori mi creasse di più il senso della vertigine, correggendo la sua visione in base alle mie indicazioni, lo divertiva la serietà che i bambini hanno nel gioco. Potevo andare nello studio poco prima del tramonto, quando lui era lì da tutto il giorno, lo andavo a prendere insomma, (allora i bambini non erano così strettamente sorvegliati nei loro spostamenti, o meglio, la sorveglianza era “segretamente collettiva”, non così opprimente e individualistica, povera nella sua ridondanza, come mi sembra essere oggi), ma quel poco tempo concessomi, in quel luogo per me magico, continua ad accompagnarmi. Sono momenti quelli che noi figli abbiamo trascorso con nostro padre, ma indelebili, e,  guardando i suoi quadri, ne riconosco i segni ed i percorsi; in certo senso, ripensandoci, è come se ci avesse dipinto nell’animo.  Per lui la pittura era una forza vitale, un lavoro  che doveva procedere verso l’interno, come una ferita, come una ricerca che scopre strato dopo strato un’essenza, un ricordo perduto nella memoria, asciutto e ritmico, dove la casualità è solo apparente, ma condotta attraverso una sintesi. E così come lavorava sul quadro e sul colore via via ripetuto e rimosso, ricucito con fili invisibili come in un tessuto di raso o di seta, fino ad arrivare all’intreccio di partenza, anche con noi, da poche parole, dal tono della voce, dalla variazione di uno sguardo, riusciva a capire quel che ci preoccupava o che tentavamo malamente di nascondere e a seconda di quello che serviva o “sfumava” e distendeva oppure “incideva” e analizzava. Aveva il senso della verità delle cose e delle persone, del resto mi diceva che i primi psicologi, i primi indagatori dell’animo umano sono stati i pittori, con un linguaggio più diretto, come quello di un’immagine, ma non meno complicato dell’articolazione di uno scritto, facendo un discrimine su chi, nella storia dell’arte è stato un pittore, da chi è stato un produttore di belle immagini, che dominava sì la tecnica pittorica, anche con maestria, e con risultati accattivanti, ma non arrivava alla vera pittura.

 

Studio n.13, 1966, Olio su tela (cm81x100)        

 

Biografia di Pier Luigi Lavagnino

 

Nato a Chiavari il 22 ottobre 1933, frequenta il Liceo Artistico di Genova e dai primi anni Cinquanta inizia a dipingere. Nel 1953 trascorre alcuni mesi in Francia, soggiornando a Parigi, Antibes, Aix-En- Provences: vede i dipinti impressionisti – comincia così la lunga proficua e meditazione sull’opera di Monet e Cézanne – e quelli di Fautrier , De Stael e Courbet. Se, a questi nomi, si aggiungono quelli di Morandi e di Braque, e le appassionate letture soprattutto di Proust e di Pavese, si ha un quadro dell’educazione culturale giovanile dell’artista. Nel 1956 Lavagnino si trasferisce a Milano, il cuore dell’arte italiana del periodo. Frequenta da subito l’ambiente della Galleria del Milione, conoscendo Morlotti e Birolli, il quale nel 1958 gli organizza la prima mostra alla Galleria Montenapoleone, assieme ad alcuni altri giovani. Nuove amicizie (Manzoni , Milani, Chighine, Guenzi, Della Torre Olivieri, Forgioli, Savinio, Ossola) e nuove suggestioni (ancora Fautrier e De Stael, Turner e gli Olandesi del Seicento, con i loro cieli, Morandi e Morlotti, gli espressionisti astratti americani, in pittura e le letture di Bergson e Svevo) segnano la sua sensibilità umana e la sua rigorosa solitaria ricerca pittorica. Intanto, nel 1959, Lavagnino ha tenuto la sua prima personale alla Galleria Senatore di Stuttgart; espone poi in mostre di tendenza in gallerie private e pubbliche. Nel 1961 soggiorna, per un anno circa, ad Antibes e compie successivamente viaggi, per visitare musei e mostre, in Francia, Olanda, Belgio, USA, Germania Svizzera: testimonianza del bisogno costante di rinsaldare il legame con la tradizione della pittura. Nel 1966 è invitato da Nello Ponente , con un gruppo di opere, alla Biennale di Venezia. Si susseguono allora le mostre personali (tra le altre, alla Galleria il Milione di Gino Ghiringhelli, alla Galleria Documenta di Torino, alla Galleria Bergamini, alla Bottega d’Arte di Acqui Terme, alla galleria Bambaia di Busto Arsizio) e di gruppo (“l’Opera dipinta” a Parma e Milano nel 1982; “Le Strade:10 pittori a Milano” a Parma nel 1989, entrambe a cura di Arturo Carlo Quintavalle) di particolare rilievo, con presentazione di critici quali, tra gli altri, Tassi, Fagone, Bruno, Russoli, Carluccio, Zeno, Birolli, Crespi, Quintavalle, Bellocchio, D’Amico, Goldin, Pontiggia, Spadoni, Tedeschi, Zanbianchi. Nel 1992 la Provincia di Reggio Emilia e il Comune di Cavriago organizzano la sua prima grande mostra antologica, nel Teatro Valli di Reggio (dipinti ad olio) e nella Sala Comunale delle Esposizioni di Cavriago (acquerelli e disegni). Debbono essere ricordate negli anni Novanta le partecipazioni a mostre di gruppo: a cura di Sandro Parmiggiani :Elogio della Pittura a Cavriago 1994 – Anteprima a Palazzo Magnani 1998 – A cura di Marco Goldin: Paesaggi Italiani 1991 – L’opera su carta 1994 – Pittura come Pittura 1995 – Da Monet a Morandi, paesaggi dello Spirito 1997 – Da Fattori a Burri 1998 – Elogio del Pastello 1999. Pier Luigi Lavagnino muore a Milano, nel suo studio, il 7 febbraio 1999.

 

Studio per sterpi, matita e china su carta, 1983, (cm 49×67)

 

Bibliografia essenziale

 

Ulteriori informazioni sulle opere dell’autore sono disponibili su https://pierluigilavagnino.it/

 

1958

Camillo Pennati, Appunti per una situazione, catalogo della mostra, Galleria Montenapoleone 6A, Milano, aprile.

1959

Marco Onorato, Presentazione, in Pierluigi Lavagnino, catalogo della mostra personale, Galleria Senatore, Stuttgart, febbraio.

Howard Kinkel, Gaste aus Mailand, Stuttgarter Zeitung, Stuttgart 18 marzo.

1963

Roberto Tassi, Cavalli Lavagnino Piciotti Repetto Vago, catalogo della mostra, Galleria del Teatro, Parma, aprile.

Germano Beringheli, A Lavagnino il premio Bogliasco, Lavoro Nuovo, 10 agosto.

1966

Nello Ponente, Gruppi di opere, Pittura, Scultura in XXXIII Biennale Internazionale d’Arte, catalogo della mostra, Venezia.

Attilio Podestà, Un quadro bianco simbolo della pittura alla trentareesima Biennale di Venezia,  Il SecoloXIX, 18 giugno.

Germano Beringheli,  Artisti italiani alla XXXIII Biennale di Venezia, Lavoro Nuovo, 21 giugno.

Zeno Birolli, Cavalli Lavagnino Olivieri, catalogo della mostra, Galleria Europa, Lugano, settembre.

1967

Marco Valsecchi, Disegni di giovani, Il Giorno, 6 gennaio.

Mario Lepore, Le mostre d’arte a Milano, Corriere d’Informazione, 1-2 marzo.

1968

Roberto Tassi, Una mostra personale del pittore Pierluigi Lavagnino, Bollettino della Galleria del Milione n.125, il Milione, Milano, maggio- giugno.

Filippo Abbiati, Cercate il grande di domani,  Epoca, 2 giugno.

Marco Valsecchi, Le mostre, Il giorno, 10 giugno.

Mario Lepore, Le mostre d’arte a Milano, Corriere d’Informazione, 12-13 giugno.

Mario Portalupi, La scoperta del cielo, Lavagnino al Miliione,  La Notte, 18 giugno.

Gianni Cavazzini, Le mostre nelle gallerie milanesi,  Gazzetta di Parma, 19 giugno.

Dino Buzzati, Pierluigi Lavagnino al Milione, Corriere della Sera, 21 giugno.

Alfio Coccia, Gallerie milanesi, Italia, 22 giugno.

1969

Vittorio Fagone, 5 pittori, Della Torre Lavagnino Mrtini Olivieri Repetto, Bollettino della Galeria del Milione, n.133, Il Milione, Milano, giugno- luglio.

1970

Vittorio Fagone, Pierluigi Lavagnino, catalogo della mostra, Galleria Le 3 Bifore, Sciacca, maggio.

Ubaldo Pizzolla, Sei Pittori a Taranto, all’Agave l’ariosità delle nostre marine, Voce del Popolo, 25 luglio.

Francesco Vincitorio, Mostre in Italia,  Taccuino, NAC, novembre.

Camillo Pennati, Pierluigi Lavagnino,  in “Pittura e Scultura d’oggi in Liguria, Ed. Artisti Riuniti, Genova.

1971

Anna Verde- Carlo Munari, E’ consigliabile comprare quadroi?, Arianna, ottobre.

Gianfranco Bruno, Lavagnino, Immagini, n.4-5.

1972

Marisa Vescovo, Aspetti della giovane pittura in Italia, Catalogo della mostra, Loggia di San Sebastiano,  Città di Ovada, agosto.

1973

Fiorella Minervino, Lavagnino: la natura in una stanza, Bolaffi Arte, aprile-maggio.

Gianfranco Bruno, Pittura in Lombardia ‘45/’75, catalogo della mostra, Villa Reale di Monza, Milano, giugno.

Eros Bellinelli, Pierluigi Lavagnino, Edizioni Pantarei, Lugano.

1974

Luigi Carluccio, Pierluigi Lavagnino, Catalogo della mostra personale, Galleria Documenta, Torino, marzo

Osvaldo Patani, Storia del disegno italiano 1900-1974, Fratelli Pozzo, Torino.

1975

Marisa Vescovo, Cazzaniga Chighine Della Torre Forgioli Lavagnino Ruggeri Savinio, “Raccolte di incisioni”, Galleria Bottega d’Arte, Acqui Terme, giugno.

Davide Lajolo, Lavagnino ascolta la natura, Il Mondo, 28 ottobre.

Marco Valsecchi, La Terza Mostra Internazionale della Grafica alla Permanente, Il Giornale, 10 dicembre.

1976

Franco Russoli, Roberto Tassi, Lavagnino, Catalogo della mostra, Galleria L’Incontro, Borgomanero, ottobre.

Giulia Conti Tacchini, Alla Galleria l’Incontro di Borgomanero Pierluigi Lavagnino, L’informatore del Cusio e del Borgomanerese, 6 novembre.

AA.VV., La realtà diversa, Catalogo della mostra, Galleria Bergamini, Milano, dicembre.

1978

Roberto Tassi, Pierluigi Lavagnino, Catalogo della mostra, Galleria Bergamini, Milano, marzo.

Giorgio Mascherpa, Tre alternative al conformismo, Avvenire, 10 marzo.

Marco Valsecchi, Giovani pittori, Corriere della Sera, 31 marzo.

1979

Carlo Fumagalli, Galleria Civica d’Arte contemporanea: esempi di pittura informale, Il cittadino, 25 gennaio.

Marco Valsecchi, Realismo sentimentale, Il Giornale nuovo, 30 marzo.

Ruggero Savinio, Pierluigi Lavagnino, Catalogo della mostra, Galleria Bambaia, Busto Arsizio, aprile-maggio.

Luigi Carluccio, Pierluigi Lavagnino, Panorama, 29 maggio.

Anty Pansera – Marco Meneguzzo, Le radici dell’Arte contemporanea, Dall’Informale, Catalogo della mostra, Biblioteca civica, Comune di Monza.

1980

Ruggero Savinio, Pierluigi Lavagnino, Catalogo della mostra, Galleria Il Milione, Milano, ottobre-novembre

Giancarlo Ossola, Pierluigi Lavagnino, L’Umanità, 22 ottobre.

1981

Rino Tacchella, I grafismi di Lavagnino alla Galleria Il Milione, Eco d’arte moderna, gennaio-febbraio.

AA.VV., Forgioli Lavagnino Ossola Ruggeri Savinio Soffiantino, Catalogo della mostra, Galleria la Bussola, Torino, marzo.

1982

Arturo Carlo Quintavalle, L’opera dipinta 1960-1980, CSAC, Università degli Studi di Parma, Catalogo della mostra, Parma e Milano, marzo-aprile.

Marzio Pieri, L’opera dipinta, Gazzetta di Parma, 13 aprile.

Mario Ghilardi, Le vie dello Sguardo, il nuovo Paesaggio, VII Biennale Nazionale Arti Figurative, Catalogo della mostra, Piacenza.

1983

Roberto Tassi, Quella macchia d’infinito, La Repubblica, 7 luglio.

Giancarlo Ossola, L’informale d’Italia, l’Umanità, 22 luglio.

Arturo Carlo Quintavalle, L’informale in Italia, Panorama, 1 agosto.

Arturo Carlo Quintavalle, Pierluigi Lavagnino, Panorama, 15 agosto.

Stefano Crespi, Lavagnino, Catalogo della mostra, Galleria Centofiorini, Civitanova Marche Alta, agosto.

AA.VV, Il segno della pittura e della scultura, Edizione Mazzotta, Milano, ottobre.

1984

Flavio Bellocchio, Pierluigi Lavagnino. Dipinti 1981-1983, Catalogo della mostra, Galleria Bambaia, Busto Arsizio, febbraio.

Andrea Nania, Il Romantico ermetismo, La prealpina, marzo.

Elisabetta Besussi, Nuovomuseo, un’avventura per mille milanesi al giorno, La Repubblica, 10 marzo.

Stefano Crespi, Nell’area di Leopardi, Catalogo della mostra, Galleria Centofiorini, Civitanova Marche Alta.

1985

Liana Bortolon, Una nuvola, un incantesimo, Arte, gennaio.

Arturo Carlo Quintavalle, Pierluigi Lavagnino, Storie di muri, Vanity, gennaio.

Francesco Biamonti, Pierluigi Lavagnino, Cieli e altre stesure, Catalogo della mostra, Studio d’Arte Nazzari, Parma, gennaio.

Vanja Strukelj, Pierluigi Lavagnino, Catalogo della mostra, Studio d’Arte Nazzari, Parma, gennaio.

Gianni Cavazzini, Luce Materia di Lavagnino, La Gazzetta di Parma, 18 gennaio.

Giancarlo Ossola, Dal Simbolo e Metafora alla Natura Reinventata, L’Umanità, 14 febbraio.

Arturo Carlo Quintavalle, Una realtà che è un sogno, Panorama, 17 febbraio.

Flavio Bellocchio, Pierluigi Lavagnino, Flash Art, marzo

1986

Arturo Carlo Quintavalle, Informale Express, Panorama, 9 febbraio

Alberto Nodolini, Le scene, Teatro Regio Città di Parma, Parma, aprile

Arturo Carlo Quintavalle, Spazio con frammenti, Panorama, 20 aprile

1987

Arturo Carlo Quintavalle, Ma l’informale  è superato?, Panorama 15 febbraio

Elena Pontiggia, Pierluigi Lavagnino, Edizioni Il Centofiorini, Catalogo della mostra, Galleria Centofiorini, Civitanova Marche Alta, luglio

Lucio Cabutti, L’infinito trapela dalle materie di Lavagnino, Arte n.ro 177, settembre

Arturo Carlo Quintavalle, Dalla cronaca alla forma, Panorama, 7 dicembre

1988

Silvia Dell’Orso, Pierluigi Lavagnino, La Repubblica, 11 febbraio

Arturo Carlo Quintavalle, Pittore per i poeti, Panorama, 13 marzo

Liana Bortolon, Pierluigi Lavagnino, Grazia, 13 marzo

Giuseppe Magini, Immerso nella natura, La Prealpina, Varese, 14 marzo

Stefano Crespi, Nella confusa oscurità, Corriere del Ticino, Lugano, 18 marzo

 Elena Pontiggia, Le dissolvenze di Lavagnino, Il Giornale, 21 marzo

Fabrizio D’Amico, La segreta alchimia della pittura, Catalogo della mostra, Galleria Bottega d’Arte, acqui Terme, ottobre

Lucio Cabutti, Il mondo di Lavagnino germoglia dalla materia, Arte, ottobre

Rino Tacchella, I rimandi tra esterno e interno nelle tele di Lavagnino, Notes, novembre

Elena Pontiggia, Le opere recenti di Lavagnino: tra corpo e concetto, Corriere del Ticino, 17 dicembre

1989

Arturo Carlo Quintavalle, Le strade: dieci pittori a Milano, CSAC, Università degli Studi di Parma, Catalogo della mostra, maggio

Eros Bellinelli, Arte di frontiera, Edizioni del Convento Vecchio, Astano, novembre

1990

Mario Novi, Le mostre, Mercurio – supplemento de La repubblica, 20 gennaio

1991

Marco Goldin, Paesaggi italiani. Una situazione del secondo Novecento, Catalogo della mostra, Marini Editore, Conegliano, aprile

Guglielmo Volonterio, Pierluigi Lavagnino alla Galleria Palladio di Lugano: una maturità artistica raggiunta ed esibita, Azione, Lugano, 6 giugno

Nani Razzetti, L’onirico colore di Pierluigi Lavagnino in mostra alla Galleria Palladio, Libera stampa, 12 giugno

Flavio Bellocchio, Pierluigi Lavagnino alla Galleria Palladio, Radio Svizzera Italiana, 27 giugno

Mario Barzaghini, Personale dell’artista ligure alla Galleria palladio: le mormorazioni liriche di Pierluigi Lavagnino, Il Corriere del Ticino, Lugano, 3 luglio

Francesco Tedeschi, Pierluigi Lavagnino, Franco Masoero Edizioni d’Arte, Torino, settembre

1992

Arturo Carlo Quintavalle, Pierluigi Lavagnino, Electa, Milano, Catalogo della mostra, Reggio Emilia e Cavriago, marzo

Renato Olivieri, Gli spazi e le ombre del visionario che ascolta, Arte, marzo

Claudio Spadoni, Quelle tele da riempire con finto naturalismo, Resto del Carlino, 12 marzo

Mariagiuseppina Bo, La doppia rassegna di Lavagnino, Resto del Carlino, 13 marzo

Enzo Silvi, La pittura della memoria, Gazzetta di Reggio, 1 aprile

Liana Bortolon, La Mostra della Settimana, Grazia, 12 aprile

Flavio Bellocchio, Tre pittori alla Palladio, Radio della Svizzera Italiana, novembre

Guglielmo Volonterio, Cavalli Della Torre e Lavagnino, Azione, Lugano, 3 dicembre

1993

Claudio Spadoni, Lavagnino, Catalogo della mostra, Galleria Bergamini, Milano, ottobre

Arturo Carlo Quintavalle, Pierluigi Lavagnino, Panorama, 31 ottobre

Liana Bortolon, Lavagnino: segrete scritture, Grazia, 3 novembre

1994

Camillo Pennati, Per il segno di Pierluigi Lavagnino, Catalogo, Associazione Amici dell’Atelier Calcografico, Lugano, febbraio

Roberta Mazzola, Fra incisioni e disegni, Corriere del Ticino, Lugano 16 marzo

Sandro Parmiggiani, Claudi Spadoni, Elogio della Pittura, Catalogo della mostra, Sala comunale di Cavriago, aprile

Marina De Stasio, Elogio polemico della natura, L’Unità, 11 giugno

Arturo Carlo Quintavalle, Elogio della Pittura, Panorama, 18 giugno

Claudio Zambianchi, Pierluigi Lavagnino, Carte dal 1953 al 1989, Galleria Centofiorini, Civitanova Marche Alta, agosto

Sandro Parmiggiani, La raccolta d’arte della Provincia di Reggio Emilia, Reggio Emilia, luglio

Marco Goldin, L’opera su carta, Electa, Milano, Catalogo della mostra itinerante, dicembre

Claudio Cerritelli, Il piacere del paesaggio, immagini della recente pittura italiana, Catalogo della mostra, Gorla Maggiore, settembre

1995

Sandro Parmiggiani, Pierluigi Lavagnino, la bellezza offuscata, Arte Incontro in Libreria, gennaio

AA.VV., Presenze liguri alle Biennali di Venezia 1895-1995, Tormena Editore, Genova, Catalogo della mostra, Palazzo Ducale, ottobre

Luciano Caprile, Liguri d’adozione, Il Sole 24 Ore, 12 novembre

Sandro Parmiggiani, Arnaldo Ciarrocchi Pierluigi Lavagnino Riccardo Licata, Galaverni, Catalogo della mostra, Reggio Emilia, ottobre

Marco Goldin, Pittura come pittura, Electa, Milano, Catalogo della mostra, novembre

Arturo Carlo Quintavalle, Com’è vivo l’informale, Panorama, 23 novembre

Marco Goldin, Figure della pittura. Arte in Italia 1956-1968, Electa, Milano, Catalogo della mostra, dicembre

1996

Claudio Cerritelli, Sogni di carta, aspetti del disegno in Lombardia 1946-1996, regione Lombardia, Editoriale Giorgio Mondadori, Catalogo della mostra, novembre

1997

Marco Goldin, Da Monet a Morandi. Paesaggi dello spirito, Marsilio, Catalogo della mostra, Palazzo Sarcinelli, aprile

1998

Gianfranco Zonca, Pierluigi Lavagnino, opere recenti, Catalogo della mostra, Zonca e Zonca Arte Moderna Contemporanea, Milano, febbraio

Ermanno Krumm, Le minacciose sfumature di Lavagnino, Corriere della Sera, 12 marzo

Sandro Parmiggiani, Anteprima, pittura italiana contemporanea, Catalogo della mostra, Palazzo Magnani, luglio

Marco Goldin, Da Fattori a Burri, Roberto Tassi e i pittori, Ottocento e Novecento in Italia, Electa, Milano, Palazzo Sarcinelli, settembre

1999

Marco Goldin, Elogio del pastello, Linea d’ombra Libri, febbraio

Sandro Parmiggiani, Camillo Pennati, Pierluigi Lavagnino, dipinti e opere su carta 1995-1998, Catalogo della mostra, Galleria Bambaia, Busto Arsizio, marzo

Arturo Carlo Quintavalle, Un romantico del ‘900, Panorama, 24 marzo

Flavio Arensi, Una luce che non si spegne, Sole delle Alpi, 10 aprile

Sandro Parmiggiani, Pierluigi Lavagnino, Catalogo della Mostra, Palazzo Magnani, luglio

2000

Claudio Zambianchi, In ricordo di Pierluigi Lavagnino, Catalogo della mostra, Galleria Centofiorini, Civitanova Marche Alta

Pier Luigi Senna, Pierluigi Lavagnino, Il Circolo n.ro 24, dicembre

2001

Sandro Parmiggiani, Pierluigi Lavagnino, Catalogo della mostra, Centro per l’Arte Contemporanea di Palazzo Rocca, Chiavari, aprile

Sandro Parmiggiani, Pierluigi Lavagnino nelle collezioni acquesi, Catalogo della mostra, Palazzo Robellini, Acqui Terme, luglio

2004

Gianluigi Rebesco, Pierluigi Lavagnino, Acquerelli, pastelli, tempere 1960-1998, Galleria Bambaia, Busto Arsizio, marzo

2005

Gianni Cavazzini, Pierluigi Lavagnino. Memoria della coscienza, Studio d’Arte del Lauro, Milano, ottobre

Alberto Pellegatta, Pierluigi Lavagnino, Gazzetta di Parma, 17 novembre

2006

Franco Ragazzi, L’olivo nell’arte – Paesaggi, simboli e visioni da Barabino a Morlotti , De Ferrari editore, Imperia, maggio

Damiano Tentoni, Francesco Pagliari, Pierluigi Lavagnino / Memoria  e materia, Centro Cultura comunale, Pizzighettone, ottobre

2007

Marco Goldin, Lavagnino. Opere scelte 1956-1958, Linea d’ombra, Piccolo Miglio in Castello, Brescia, gennaio

Franco Sborgi, Fernando Galardi, ARTISTI LIGURI nelle immagini di Fernando Galardi, De Ferrari editore, Genova

2014

Elena Pontiggia, Cristina Casero, Nati nel ’30, Milano e la generazione di Piero Manzoni, catalogo mostra, Palazzo della permanente, Milano, aprile

Marta Silenzi, La trama della pittura – Forgioli Lavagnino Savinio, Catalogo della mostra, Edizioni il Centofiorini, Civitanova Alta, giugno

2016

Marco Goldin, De Pictura. Dodici pittori in Italia, Catalogo della mostra, Unindustria Treviso – Linea d’ombra, Treviso, ottobre

Marco Goldin, Ode alla pittura, Catalogo della mostra, Linea d’ombra, Conegliano, novembre

Arturo Carlo Quintavalle, L’arte di vedere l’Africa senza andarci. Forgioli sposa materia e memoria, Corriere della Sera, 23 dicembre

Arturo Carlo Quintavalle, La lunga durata dell’Informale, Corriere della Sera, 17 luglio

 

2018

AA.VV., 100%Italia, Museo Ettore Fico, Torino

2019

Leo Lecci, Claudio Castellini, Pierluigi Lavagnino. Uno sguardo informale, Catalogo della mostra, De Ferrari Editore.

 

 

Pier Luigi Lavagnino (foto di Fabrizio Cicconi)