La natura come categoria sociale e la società come categoria naturale. Note su Marx e Darwin – di Francesco Bugli

La natura come categoria sociale e la società come categoria naturale. Note su Marx e Darwin – di Francesco Bugli

26 Settembre 2022 Off di Francesco Biagi

Questo testo tiene al centro il problema del rapporto tra Charles Darwin e Karl Marx in relazione alla tecnologia e al rapporto tra l’elaborazione delle categorie di natura, storia e società. Prenderemo in considerazione la valutazione Marxiana della tecnologia e il ponte da lui tracciato con il darwinismo, analizzando alcune lettere del carteggio con Friedrich Engels. Considereremo le differenze tra Darwin e Marx nella valutazione della continuità e discontinuità tra natura e società, per meglio comprendere la dialettica tra queste due sfere, di fronte alle sfide che il presente ci pone con la crisi ecologica. Elemento centrale sarà la valutazione, nei due pensatori, della tecnologia sociale e “naturale”.

 

  1. Marx e Darwin: tecnologia naturale e organi sociali

Per Marx il mezzo di lavoro è ciò che il lavoratore inserisce tra sé e l’oggetto di lavoro, nel suo processo lavorativo. Questo mezzo di lavoro, che è un elemento naturale mediato dal lavoro umano, diviene «organo della sua attività, un organo che egli aggiunge ai propri organi fisiologici allungando, a dispetto della Bibbia, la sua statura naturale»[1]. Dai primi strumenti tecnologici, cioè i primi mezzi di lavoro, l’uomo scopre i differenti valori d’uso delle cose nel corso della storia. L’elaborazione sempre più complessa del dato naturale porta a sempre nuove scoperte e al perfezionamento di questo organo artificiale che per Marx è lo strumento tecnologico[2]. Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, Marx aveva già parlato della natura come «corpo inorganico dell’uomo cioè la natura in quanto non è essa stessa corpo umano […]; la natura è il suo corpo, con cui deve stare in un rapporto costante per non morire»[3]. In questo passaggio possiamo trovare già un riferimento all’importanza attribuita dal giovane Marx all’uomo come essere nella natura e alla necessità della dialettica con questa per la sua sopravvivenza. A differenza delle altre specie animali l’uomo è per Marx un ente cosciente, produttore di un mondo oggettivo, l’unico che produce in modo universale riproducendo così l’intera natura, non un suo singolo aspetto, per i fini suoi propri[4]. Si potrebbe dire che a definire la nicchia ecologica dell’uomo è il lavoro[5].

Nella seconda edizione tedesca del Capitale (1872), Marx citò Darwin in una lunga nota all’inizio del capitolo XIII Macchine e Grande industria. In questa nota si interrogò sulla possibilità di una storia critica della tecnologia  affermando:

Darwin ha richiamato l’interesse sulla storia della tecnologia naturale cioè sulla formazione degli organi della pianta e dell’animale come strumenti di produzione della loro vita: non merita forse uguale attenzione la storia degli organi produttivi dell’uomo sociale, che costituiscono la base materiale di qualunque organizzazione della società? E non sarebbe più facile ricostruirla dal momento che, come dice Vico, la storia umana si distingue dalla storia naturale perché noi non abbiamo fatto la seconda e abbiamo fatto la prima? La tecnologia svela il comportamento attivo dell’uomo nei confronti della natura, il processo di produzione immediato della sua vita e, quindi, anche dei suoi rapporti sociali e delle idee che ne provengono[6].

Per Marx gli strumenti tecnologici sono capaci di rivelare i rapporti di produzione e funzionano come indicatori dei rapporti sociali in cui essi sono stati creati e utilizzati. I mezzi del lavoro umano hanno la stessa funzione che i fossili hanno per i naturalisti nel darci informazioni sulle epoche passate e sui modi di produzione che si sono estinti nel corso della storia. Il senso dell’ultima parte della nota attiene al rapporto tra tecnologia e relazioni sociali in cui è inserita, e pone la prima come ciò che svela i rapporti di produzione[7]. Per comprendere fino in fondo questa nota occorre rivolgersi al rapporto intercorso tra Darwin e Marx, al parallelismo messo in luce da Marx tra il naturalista e lo storico, tra la tecnologia propria dell’uomo e quella del mondo animale, così come al rapporto tra le categorie della storia e quelle della natura.

Marx inviò a Darwin una copia della seconda edizione tedesca del Capitale, la stessa edizione in cui è contenuta la nota sopracitata. Darwin rispose alla lettera ma non lesse mai il testo[8]. L’interesse di Marx nei confronti di Darwin è mediato dalla lettura che Engels fece della prima edizione de L’origine delle specie, pubblicata nel 1859. Engels comprò una delle 1250 copie della prima edizione del testo e lo lesse, segnalando a Marx l’importanza dell’autore e della pubblicazione in una lettera del 11 o 12  Dicembre del 1859[9]. In questa lettera Engels esprimeva il suo grande apprezzamento per il lavoro di Darwin e salutava la sua opera come un importante strumento nella demolizione dei pregiudizi teleologici tradizionali intorno alla natura, come uno strumento di critica al finalismo e come un prezioso contributo a una visione storica della natura[10]. Marx lesse il testo circa un anno dopo e in una lettera ad Engels del 19 dicembre del 1860 scrisse che il testo di Darwin poteva essere «per quanto svolto grossolanamente all’inglese, ecco qui il libro che contiene i fondamenti storico-naturali del nostro modo di vedere»[11], un punto d’appoggio nella storia naturale per il materialismo storico. In un’altra lettera al socialista tedesco Ferdinand Lassale, datata 16 gennaio 1861, Marx scrisse che il testo di Darwin era per lui estremamente significativo e lo avrebbe voluto «come supporto delle scienze naturali alla lotta di classe nella storia»[12]. Da queste lettere si può evincere come Marx cercasse un punto d’appoggio per la sua teoria sociale nella teoria biologica di Darwin. Ma cosa aveva colpito così tanto Marx, fino al punto da immaginarsi di trovare un punto di appoggio per il materialismo storico nella teoria darwiniana? Senza dubbio la visione a-finalistica della natura in Darwin, messa in luce da Engels nella lettera del dicembre del 1859. All’affermazione di Engels secondo cui «per un certo aspetto la teleologia non era stata ancora sgominata, e lo si è fatto ora»[13], fa eco Marx nella lettera a Lassale, affermando che «naturalmente bisogna accettare quella maniera rozzamente[14] “inglese” di sviluppare le cose. Ma, nonostante tutti i difetti, qui non solo si dà per la prima volta il colpo mortale alla «teologia» nelle scienze naturali, ma se ne spiega il senso razionale in modo empirico»[15].

 

  1. Natura e società: continuità o discontinuità?

Fin dalla tesi di laurea, attraverso la messa in evidenza della differenza tra Epicuro e Democrito, Marx era interessato a mettere in luce il carattere a-finalistico della natura. Nello sviluppo del suo pensiero, fino alla teoria del ricambio organico, Marx non ammette nella storia dell’uomo che fini posti dall’umanità stessa all’interno di dati rapporti di produzione. La teoria di Darwin è in questo senso il “colpo finale” alla teleologia tradizionale da un punto di vista scientifico. Non deve stupire perciò il fatto che Marx potesse vedere la sua teoria compatibile con quella di Darwin. Va però ricordato che Marx fu interessato anche all’opera dell’architetto e orientalista francese Pierre Trèamaux, autore del testo Origine et transformation de l’homme et des autres êtres (1865). Marx lo lesse nel 1866 e per un certo periodo pensò che quest’opera potesse contenere un contributo più avanzato rispetto a quello di Darwin. La visione evoluzionistica presente nel testo di Trèamaux riguardava complessivamente la natura e la società ed era più in linea con l’opera del naturalista e zoologo francese J. B.  Lamarck che con quella di Darwin[16]. L’impostazione del testo metteva in relazione l’influenza diretta dell’ambiente sugli esseri viventi, così come la corrispondenza tra le caratteristiche del suolo e gli esseri che lo abitano. Trèmaux cercava una giustificazione delle sue teorie nella geografia e nella geologia[17].

Colpito dall’interesse che Marx dimostrò nei confronti del francese, Engels ebbe invece parole di condanna nei confronti dell’opera di Trèmaux. In una lettera a Marx del 2 ottobre 1866 egli scrisse: «sono giunto alla convinzione che nella sua teoria non vi sia nulla, perché egli né s’intende di geologia, né è capace della più comune critica storico-letteraria»[18]. L’interesse di Marx nei confronti della teoria di Trèmaux era dovuto all’importanza attribuita da quest’ultimo al ruolo giocato dal terreno nello sviluppo delle specie animali e dell’uomo. Per questa via, l’autore francese finiva per sostenere un’assurda teoria delle razze, criticata aspramente da Engels; Tremaux sosteneva che la natura del suolo determina le caratteristiche di una nazione e del suo popolo, più i suoli sono geologicamente recenti e complessi più le civiltà sono avanzate[19]. In una lettera del 3 ottobre 1866, Marx, scrive in risposta ad Engels che egli è interessato più che altro all’idea che la composizione del suolo possa esercitare un’influenza sulle specie animali e sull’uomo[20]. Influenza che però ha una caratteristica storica e riguarda la composizione chimica del suolo, la stratificazione geologica e le risorse naturali presenti in essa[21]. Engels replicherà alla lettera di Marx scrivendo (5 ottobre 1866) che lui, come del resto Darwin e gli altri naturalisti, non hanno elementi per determinare l’influenza del suolo sullo sviluppo delle specie e che la teoria formulata da Trèmaux era probabilmente fallace[22]. Marx non tornerà più sull’opera di Trèmaux dopo le riflessioni critiche di Engels e rimarrà invece fedele alla teoria darwiniana[23]. Come è stato notato, l’interesse di Marx per l’opera dell’orientalista francese ha a che fare con la questione dell’influenza dell’ambiente naturale sulle specie animali e sulle società umane. Questa tentazione marxiana (probabilmente di carattere deterministico) può illuminarci sia sul ruolo giocato da Engels nel difendere la teoria di Darwin agli occhi di Marx, sia sull’abbaglio di Marx nel ritenere che la teoria di Trèmaux potesse avere un qualche fondamento scientifico[24].

Vanno messi in luce anche alcuni rilievi critici che Marx apportò alla teoria darwiniana, in particolare riguardo al ruolo giocato da Malthus nella formulazione della teoria dell’evoluzione. In una lettera ad Engels datata 18 Giugno 1862, Marx scrisse che «È notevole il fatto che, nelle bestie e nelle piante, Darwin riconosce la sua società inglese con la sua divisione del lavoro, la concorrenza, l’apertura di nuovi mercati, “le invenzioni” e la malthusiana “lotta per l’esistenza”. È il bellum omnium contra omnes di Hobbes, e fa ricordare Hegel nella Fenomenologia dove raffigura la società borghese quale “regno animale ideale”, mentre in Darwin il regno animale è raffigurato quale società borghese»[25]. Possiamo qui vedere come Marx noti in Darwin l’utilizzo di categorie proprie della teoria sociale, riferendosi in particolare alla teoria malthusiana della sovrappopolazione e alla relazione che lo stesso Marx ci leggeva con la guerra di tutti contro tutti di Hobbes e con la critica della società civile (borghese) di Hegel[26]. Marx rintraccia tutti questi riferimenti in una teoria che riguarda soltanto il mondo naturale. Il suo appunto non si pone su un piano di critica della validità scientifica della teoria di Darwin, ma mette in luce come le categorie e le metafore utilizzate nella descrizione della natura siano influenzate dal contesto storico e sociale in cui gli scienziati agiscono. Importante è notare come ci sia una proiezione di categorie sociali sul mondo naturale, e allo stesso tempo di categorie naturali sul mondo sociale. Come è stato notato, uno dei problemi dell’impostazione marxiana nella stesura del Capitale è proprio quella della continuità e discontinuità tra mondo naturale e sociale, e quindi inevitabilmente delle categorie con cui ci si approccia a queste due sfere[27].

Riferendosi a Vico, nella nota sopra citata alla seconda edizione tedesca del Capitale, Marx aveva messo in luce come la storia della società fosse fatta dagli uomini stessi, mentre quella della natura fosse appunto un prodotto di dinamiche che fuoriuscivano dalla dimensione umana. Per Vico, la storia naturale era dominio di Dio e quindi si situava al di fuori della comprensione dell’uomo, mentre la storia umana era ben più comprensibile perché fatta dagli uomini stessi[28]. Su questo terreno uno degli avversari teorici di Marx fu il reverendo Malthus, da cui Darwin fu invece influenzato[29]. Marx rimproverava a Malthus il fatto di aver postulato un’unica legge di natura, immodificabile, valida per le popolazioni animali, per le piante e per l’uomo. Marx poneva una discontinuità tra mondo naturale e mondo storico-sociale e pensava che non sarebbe stato corretto applicare al mondo della natura e al mondo della storia le stesse leggi, in special modo per quanto riguardava il problema della sovrappopolazione[30]. Per quanto Marx ritenesse l’uomo un essere naturale, che come tale poteva agire solo nelle condizioni poste dalle leggi di natura, egli credeva che la natura fosse mediata socialmente, e sosteneva che lo sviluppo della società e della storia segnasse un punto di discontinuità rispetto alla legge della sovrappopolazione e alla pretesa di applicare una legge biologica come quella di Darwin al mondo sociale. Come ha sostenuto Giuliano Pancaldi, questo è il punto che allontana Marx da Darwin: «the discontinuity between the vicissitudes of human and animal population left little room for the possible convergences, in this respect, between Marx’s and Darwin’s theory»[31].

 

  1. La tecnologia naturale e la dialettica tra natura e società

Resta da chiarire il punto fondamentale: Darwin immaginava la sua teoria applicabile alla società stessa? Sicuramente non è possibile assimilare il suo pensiero alle distorsioni del darwinismo sociale, ma che egli immaginasse delle continuità piuttosto che delle discontinuità tra mondo naturale e mondo sociale, almeno per quanto riguarda il problema tecnologico, è stato messo in rilievo in modo convincente[32].

Nella lunga nota al capitolo Macchine e Grande Industria, nel primo libro del Capitale, l’obiettivo di Marx è quello di fare una storia critica della tecnologia. Il parallelo fatto da Marx tra gli organi produttivi dell’uomo sociale e quelli di piante e animali, così come quello tra reperti fossili e reperti tecnologici del lavoro umano, ci può aiutare a comprendere che la sua valutazione della tecnologia va messa in relazione alle considerazioni di Darwin sulla “tecnologia naturale”[33]. Come è stato notato, Darwin utilizza una serie di metafore derivate dal mondo dell’industria e della tecnologia per descrivere il processo di selezione di piante e animali, che sicuramente devono aver colpito Marx nella sua analisi dello sviluppo tecnologico[34]. Si tratta di capire se effettivamente, per Darwin, l’elaborazione dell’idea di una “tecnologia naturale” abbia semplicemente lo statuto di una metafora o piuttosto un ruolo determinate nel porre in continuità il mondo naturale e quello sociale dal punto di vista dello sviluppo tecnologico. Darwin vedeva la storia dell’evoluzione naturale delle specie come il prodotto di una lunga storia evolutiva. In un passaggio de L’origine delle specie sosteneva l’impossibilità di guardare al mondo naturale con gli stessi occhi con cui “un selvaggio” guarda un vascello. Noi giudichiamo le opere complesse della natura allo stesso modo con cui guardiamo al prodotto del lavoro da parte di molti lavoratori[35]. Troviamo che le opere della natura e quelle dell’uomo hanno caratteristiche simili. Viene qui stabilito un parallelo tra “tecnologia naturale” e umana, in contrasto con quanto Marx scriveva della differenza tra la storia umana e quella naturale nel suo richiamo a Vico. Darwin sosteneva che «life itself had the power to bring about inventions like those found in human technologies»[36]. Nel descrivere il processo di selezione naturale il naturalista inglese tracciò un parallelo tra la conoscenza, e la capacità d’invenzione umana e il ruolo dell’istinto nel mondo naturale[37]. Le sue allusioni al mondo naturale descritto come “una fucina” o “una fabbrica” delle specie, così come al fatto che nel corso dell’evoluzione si potesse immaginare la storia della selezioni e dei processi adattivi come il risultato di migliaia di tentativi e di errori operati dalla natura, erano messe in relazione con le capacità inventive degli scienziati e degli artigiani che attraverso un processo analogo arrivano a dimostrare una nuova scoperta o a formulare una nuova invenzione tecnologica[38].

Darwin aveva in mente il modello dell’invenzione umana e tracciava tra questa e il mondo naturale un parallelo che, come è stato notato, possiamo difficilmente considerare una semplice metafora. Infatti nella prospettiva dell’evoluzionismo darwniano «life and invention belong the same domain, allowing him to humanize biology and biologize knowledge and invention»[39]. Da questo possiamo desumere che, tra storia naturale e storia dell’uomo, per Darwin  esistessero più continuità che discontinuità.

La valutazione marxiana della tecnologia era invece di segno opposto. Paragonando il lavoro umano e le sue tecnologie con quello animale, Marx ne rimarca la differenza con l’esempio dell’ape e dell’architetto: esempio secondo cui il lavoro umano presuppone intenzionalità, mentre quello animale è legato a una dinamica istintuale. Inoltre è bene ricordare che per Marx «just as no single population law valid for both humans and animals can be conceived, so a continuous history of technology from animals to man would be objectionable»[40]. Va però detto che il richiamo di Marx a Darwin ha il suo fondamento nel fatto che per Marx sia la storia naturale sia quella sociale affondano le loro radici nella stessa base materiale, che è comune sia alle leggi dell’evoluzione biologica che a quelle della società. L’evoluzione della società è inimmaginabile senza storia naturale. Le stesse leggi chimiche e fisiche governano sia i processi sociali sia quelli dell’evoluzione biologica. L’uomo sottostà alle stesse leggi della natura, le fa proprie e le governa nella produzione[41]. Come ha scritto Alfred Schmidt, «la storia naturale e la storia umana costituiscono per Marx un’unità nella diversità. Con ciò egli non risolve la storia umana in una pura storia naturale né la storia naturale in storia umana»[42]. Per Marx il punto è che la storia della società è una parte della storia della storia naturale.

Come abbiamo visto, da una parte gli strumenti produttivi dell’uomo – quelli che lo distinguono dall’animale – sono necessari all’umanità per far presa sull’ambiente e “adattarlo” ai propri bisogni. Questi stessi strumenti hanno però la loro origine nella natura. Dall’altra parte, l’elemento che distingue la storia della società da quella naturale è il fatto che le leggi naturali dell’evoluzione biologica non possono in alcun modo essere applicate all’universo sociale. Come è stato sottolineato, l’immagine stessa che abbiamo della natura, le metafore che vengono utilizzate per descriverla, dipendono largamente dallo sviluppo sociale. Infatti «di storia della natura […] si può parlare soltanto se si presuppone la storia umana, fatta da soggetti coscienti. Essa ne è il prolungamento all’indietro e viene conosciuta dagli uomini, come natura […] per mezzo delle stesse categorie sociali»[43].

L’auspicio del giovane Marx di avvicinare le scienze della natura a quelle sociali presuppone l’idea che le due storie si condizionino reciprocamente. Creare una scissione così netta tra queste non era nelle intenzioni di Marx. Il punto focale ci pare quello sottolineato da Schmidt, ovvero che «non c’è una natura pura, non modificata dalla storia, come oggetto di conoscenza delle scienze naturali. La natura […] è per il suo ambito e per la sua costituzione già di volta in volta in rapporto agli scopi degli uomini organizzati socialmente […] la prassi storica degli uomini, il loro agire fisico, è l’anello di congiunzione sempre più saldo tra i due campi che appaiono separati»[44].

Queste riflessioni ci paiono oggi di grande attualità, di fronte all’approfondirsi della crisi ambientale[45], non si da una natura pura al di fuori dei rapporti sociali, ma la sua mediazione sociale oggi assume quelle caratteristiche di rottura del metabolismo[46] tra uomo e natura che Marx aveva denunciato, ricordando che l’approfondirsi della frattura metabolica porta alla degradazione delle basi stesse dell’accumulazione di capitale ovvero il lavoro e la terra[47]. Ciò ci porta a dover riconsiderare profondamente, in chiave emancipatoria, la dialettica tra società e natura.

 

 Note:

[1]  K. Marx, Il capitale, Libro I, Utet, Torino, 2009, p. 275.

[2] Come ha osservato John Bellamy Foster, il riferimento è qui al termine greco Organon che si può tradurre come strumento. Cfr. J. Bellamy Foster, Marx’s Ecology, Monthly Review Press, New York, 2000, pp. 200-201.

[3] K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Feltrinelli, Milano, 2018, p. 78.

[4] Cfr. Ibid., pp.78-79.

[5] Cfr. J. Bellamy Foster, Marx’s Ecology, op. cit.,  p. 205.

[6] K. Marx, Il capitale, Libro I, op. cit.  pp. 502-503.

[7] «La stessa importanza che la struttura dei reperti ossei ha per la conoscenza dell’organizzazione di specie animali estinte, hanno i reperti di mezzi di lavoro per il giudizio di su formazioni economico-sociali scomparse». K. Marx, Il capitale, Libro I, op. cit.,  p. 276.

[8] La lettera di Darwin a Marx, in risposta all’invio del Capitale, è datata 1 ottobre 1873. Di seguito il testo: «I thank you for the honour which you have done me by sending me your great work on Capital;1 & I heartily wish that I was more worthy to receive it, by understanding more of the deep & important subject of political economy. Though our studies have been so different, I believe that we both earnestly desire the extension of knowledge, & that this in the long run is sure to add to the happiness of mankind. I remain Dear Sir | Yours faithfully | Charles Darwin». Consultato online all’indirizzo https://www.darwinproject.ac.uk/letter/DCP-LETT-9080.xml.

[9] Cfr. J. B. Foster, Marx’s Ecology, op. cit., p. 197.

[10] Riportiamo una parte del testo, della lettera di Engels a Marx: «Del resto il Darwin, che sto appunto leggendo, è proprio stupendo. Per un certo aspetto la teleologia non era stata ancora sgominata, e lo si è fatto ora. E poi non è stato ancora mai fatto un tentativo così grandioso per dimostrare uno sviluppo storico nella natura, o almeno non così felicemente […] Naturalmente bisogna passar sopra al goffo metodo inglese»; in: K. Marx – F. Engels, Carteggio, Vol. III (1857-1860), Editori Riuniti, Roma, 1972, p. 372.

[11] K. Marx – F. Engels, Carteggio, Vol. III, op. cit., p. 477.

[12]  Lettera di Marx a Lassale, 16 Gennaio 1861, tradotta da Giandomenico Ponticelli e consultata online all’indirizzo:  https://digilander.libero.it/ponticellig/_MARXSCIENZ/CarteggioMarxEngels/CARTEGGIOMARXENGELS1861.htm

[13] K. Marx – F. Engels, Carteggio, Vol. III, op. cit., p. 477.

[14] Sia Marx che Engels definiscono il metodo di Darwin “grossolano” , “goffo” e “inglese”, ci pare che questo possa essere messo in relazione con la valutazione marxiana ed engelsiana del metodo dialettico (seppur “rovesciato”) come superiore a quello scientifico. Devo questa riflessione alla segnalazione dell’amico Afshin Kaveh. Marx nella poscritto alla seconda edizione tedesca del Capitale scriveva: «il mio metodo dialettico non è soltanto diverso da quello hegeliano, ma ne è l’antitesi diretta. Per Hegel, il processo del pensiero, che egli trasforma addirittura in un soggetto indipendente sotto il nome di Idea, è il demiurgo del reale, che costituisce soltanto la sua apparenza fenomenica o esterna. Per me, viceversa, l’Ideale non è che il materiale, convertito e tradotto nella testa dell’uomo. […] Qua e là nel capitolo sulla teoria del valore, civettai perfino col modo di esprimersi a lui peculiare» K. Marx, Il capitale, Libro I, op. cit.  p. 87. Chi scrive si rende conto della complessità della questione e rinvia al testo di R. Fineschi, Marx e Hegel. Contributi ad una rilettura, Carocci, Roma, 2006.

[15] Lettera di Marx a Lassale, 16 Gennaio 1861, tradotta da Giandomenico Ponticelli e consultata online all’indirizzo:  https://digilander.libero.it/ponticellig/_MARXSCIENZ/CarteggioMarxEngels/CARTEGGIOMARXENGELS1861.htm

[16] Cfr. S. J. Gould, A Darwinian Gentlemen at Marx’s funeral, inNatural History”, vol. 108, no. 7, 1999.

[17] Cfr. G. Pancaldi, The technology of nature: Marx’s thoughts on Darwin, in I. B. Cohen, The Natural Sciences and the Social Sciences, Kluwer Academic Publisher, Netherlands, 1994, p. 261.

[18] in K. Marx – F. Engels, Carteggio, Vol. IV (1861-1866), Editori Riuniti, Roma 1972, p. 446.

[19] Vedi sempre S. J. Gould, A Darwinian Gentlemen at Marx’s funeral, op. cit.

[20] «L’idea fondamentale di Trémaux sull’influenza del suolo (quantunque egli non tenga conto delle modificazioni storiche di questa influenza, e io annovero fra queste modificazioni storiche anche la mutazione chimica della superficie per opera dell’agricoltura, ecc., oltre al diverso influsso che hanno le cose come gli strati di carbon fossile in modi diversi di produzione) è a mio modo di vedere un’idea, che abbisogna soltanto d’esser esposta, per conquistarsi una volta per sempre diritto di cittadinanza nella scienza, e ciò è tutto indipendentemente dalla esposizione fattane dal Trémaux»  in: K. Marx – F. Engels, Carteggio, Vol. IV, op. cit., p. 448.

[21]Questo interesse ci pare possa essere messo in relazione al rapporto che intercorse tra Marx e il chimico Justus Von Liebig. Liebig fu la figura che influenzò Marx nella sua elaborazione del concetto di ricambio organico tra uomo e natura. Egli sosteneva che i nutrienti nel suolo presenti in minor quantità determinassero la fertilità del suolo e la crescita del piante che su esso erano coltivate. L’influenza del suolo sui viventi: piante e animali potrebbe essere l’elemento che spinse Marx a rivolgersi verso l’opera di  Trèmaux. Per il rapporto tra Liebig e Marx vedi J. B. Foster, Marx’s Ecology, op. cit.

[22] Di seguito il testo della lettera di Engels a Marx: «Parimente Darwin e altri non hanno mai disconosciuto l’influsso del terreno, e se non gli hanno dato speciale rilievo, ciò accadde perché non sapevano niente di come questo terreno agisca, eccetto che il terreno fertile agisce in senso favorevole e quello arido in senso sfavorevole. E molto di più non lo sa nemmeno Trémaux. L’ipotesi che il suolo diventi, in genere, più favorevole allo sviluppo d’una specie superiore, mano mano che esso è di più recente formazione, ha qualche cosa di straordinariamente plausibile, e può, oppure anche non può, esser giusta […] se però guardo su quali prove ridicole Trémaux cerca di fondare la sua dimostrazione, i 9/10 delle quali si basano su dati di fatto errati o male interpretati e l’ultimo decimo non dimostra nulla, non posso far a meno di gettare il mio sospetto dall’autore dell’ipotesi sull’ipotesi stessa. E se egli poi dichiara inoltre che l’influsso del suolo più recente o più antico, corretto mediante l’incrocio, è l’unica causa dei mutamenti delle specie organiche, rispettivamente delle razze, non vedo allora più nessuna ragione per seguire l’autore così lontano, e trovo in contrario moltissime obiezioni» in: K. Marx – F. Engels, Carteggio, Vol. IV, op. cit., pp. 448-449.

[23] Cfr. G. Pancaldi, The technology of nature: Marx’s thoughts on Darwin, op. cit.,  p. 263.

[24] Cfr. Ibid. , pp. 262-264.

[25] K. Marx – F. Engels, Carteggio, Vol. IV, op. cit., p. 103.

[26] Interessante è notare come Hobbes e Hegel riferissero le loro definizioni a sfere che ritenevano pre-politiche e naturali. Malthus immaginava di applicare alla società una legge immodificabile di natura, appunto quella della sovrappopolazione.

[27] Cfr. G. Pancaldi, The technology of nature: Marx’s thoughts on Darwin, op. cit., p. 263.

[28] Cfr. D. Harvey, Introduzione al Capitale, La casa Usher, Firenze, 2012, p. 183.

[29] Per una discussione su questo (seppur un pò datata) vedi V. Gerratana, Marx and Darwin, New Left Rewiew, I/82, Nov/Decem 1973. Consultato online all’indirizzo https://newleftreview.org/issues/i82/articles/valentino-gerratana-marx-and-darwin.

[30] Cfr. G. Pancaldi, The technology of nature: Marx’s thoughts on Darwin , op. cit,  p. 264.

[31] Ibid., p. 265.

[32] Vedi G. Pancaldi, Darwin’s Technology of Life, “Isis”, volume 110, number 4, 2019.

[33] Cfr. Ibidem. L’espressione è utilizzata da Marx nella lunga nota sulla tecnologia e viene ripresa da Pancaldi, a cui le nostre riflessioni devono molto.

[34] Per esempio: «why natural selection should have preserved or rejected each little deviation of form less carefully than when the part has to serve for one special purpose alone. In the same way that a knife which has to cut all sorts of things may be of almost any shape; whilist a tool for some particular object had better be some particular shape» C. Darwin, On the origin of the Species. Oppure «Nature may be compared to a surface covered with ten-thousand sharp wedges, many of the same sharp and many of different shapes representing different species, all packed closely together and all driven by incessant blows» C. Darwin, Charles Darwin’s Natural Selection. Being the second part of his bigs species book written from 1856 to 1858. Entrambe le citazioni sono riportate in G. Pancaldi, The technology of nature: Marx’s thoughts on Darwin, op. cit., pp. 265-266.

[35] «When we no longer look at an organic being as a savage looks at a ship, as at something wholly beyond his comprehension; when we regard every production of nature as one which has had a history; when we contemplate every complex structure and instinct as the summing up of many contrivances, each useful to the possessor, nearly in the same way as when we look at any great mechanical invention as the summing up of the labour, the experience, the reason, and even the blunders of numerous workmen; when we thus view each organic being, how far more interesting, I speak from experience, will the study of natural history become!» C. Darwin, On the Origin of species, Citato in G. Pancaldi, Darwin’s Technology of Life, op. cit., pp. 682-683.

[36] G. Pancaldi, Darwin’s Technology of Life, op. cit. , p. 685.

[37] «I am inclined to belive that in nearly the same way as two man have sometimes indipendentely hit on the same invention, so natural selection, working for the good of each being and taking advantages of analogous variations, has sometimes modified in very nearly the same manner two parts in two organic beings, which owe but little of there is structure in common to inheritance from the same ancestor» C. Darwin, On the origines of the species, Citato in Ibid., p. 696.

[38] Cfr. Ibid., pp. 691-693.

[39] Ibid., p. 698.

[40] G. Pancaldi, The technology of nature: Marx’s thoughts on Darwin, op. cit., p. 267.

[41] Cfr. Ibidem. Il nostro punto di vista, al contrario di quello di quello di Pancaldi, vede in questo la forza, piuttosto che la debolezza, dell’impianto argomentativo marxiano.

[42] A. Schimdt, Il concetto di natura in Marx, Edizioni Punto Rosso, Milano, 2009, p. 104.

[43] Ibid., p. 105.

[44] Ibid., p. 109.

[45] Per una retrospettiva sul rapporto tra Marxismo ed Ecologia, alla luce della crisi ambientale, vedi J. N. Bergamo, Marxismo ed Ecologia, ombre corte, Verona, 2022.

[46] Nel descrivere la mediazione tra uomo e natura, attraverso la produzione, Marx utilizza il concetto di ricambio organico o metabolismo (Stoffweschel). Questo concetto si configura come il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente esterno, ovvero la natura, da cui egli preleva le sostanze utili alla sua produzione e riproduzione, producendo rifiuti e scarti che non gli sono utili. Il termine è mutuato dalla fisiologia e Marx deve molto nella sua elaborazione al chimico Liebig. Il concetto riveste un ruolo centrale nel Capitale, nell’economia di tutto il discorso sulla produzione e sul valore. La rottura del metabolismo tra uomo e natura è stata messa in luce da Jhon Bellamy Foster. Per Marx si è creata “un’irreparabile frattura” come conseguenza dello sviluppo capitalistico, con la trasformazione del terreno in una merce scambiabile sul mercato, e con lo sviluppo dell’agricoltura su larga scala, direttamente collegata allo sviluppo della grande industria. Nel Capitale, Marx descrive le trasformazioni agricole prodotte dallo sviluppo del capitalismo che portano allo sconvolgimento del ricambio organico fra uomo e terra, rendendo impossibile il ritorno dei nutrienti al suolo, per una sua duratura fertilità.

[47] «Ogni progresso dell’agricoltura capitalista è un progresso non solo nell’arte di depredare l’operaio, ma nell’arte di depredare il suolo; ogni progresso nell’incremento della sua fertilità per un certo periodo, è insieme un progresso nella rovina delle sue sorgenti perenni»  K. Marx, Il capitale, Libro I, op. cit., pp. 654-655.