Quadri – di Mario Tomai
Quadri di Ruggero Savinio
I
La colomba minacciata dall’uomo d’ombra
Sfilacciato e dissolto
se l’uomo d’ombra s’affaccia
dalla soglia di notte
sogguarda
sollevata la tenda
la sua mano appoggiata al divano
nell’angolo oscuro
scivola un astro amaranto
come una lenta lumaca
sul muro di luce
(hai cacciato di casa
la serva straniera
la sua bocca che sanguina
per paura che ti sorprenda la tenebra)
lui guarda e sospira
la promessa mai mantenuta
la carezza da cui lo separa
una voragine luce.
II
La colombe menacée par l’homme d’ombre
L’astro amaranto
è sceso lentamente al suolo
incendiando di ardenti ombre scagliate
di torsioni fluenti
la muraglia di luce
(dietro si estende la materia oscura
delle ossa materne
la cupa desiderante potenza
nel profondo racchiusa)
lui attraversa la soglia abbandona
al suo enigma la sfinge di luce
verso un esile azzurro cammina
prende o perde lentamente figura
cerca forma o trascorre
– oltre l’incerta soglia
sulla parete di luce hai dipinto
un quadro di sfolgoranti fantasmi
di filamenti lucenti
più lucenti del sole.
III
Notte abitata
Inatteso ed escluso
aspetta davanti alla porta di luce
innascibile si contorce e si aggruma
in contorni sfaldati
l’Oscuro
sgorgato dalla sorgente di ombra
cerca di sé figura
dolente
di attimi perduti
si affanna in consistenza
nel gorgo che lo disfa.
IV
I fiori e le montagne
Se dall’intimo fuoco della terra
sorge offerta
la tua trama di rose
la nascita squarcia il grembo delle rocce
divarica le ombre violente
del magma che ti genera e risuona
e sempre
trascorrendo tramuta.
Un quadro di Klee
Precipita la rondine folle
dal cielo fiammante
a un cespuglio di terra
tra le ombre volanti
della luna e del sole
penetra nello stigma oscillante
getta un seme cieco di voglia
nel buio stilo lunare
per generare
pruni oscuri di lava
grumi di lame di guerra
ombre sommerse
che chiamano dal mare
e si dissolvono in grida d’argento
nella luce appannata
revocando i contorni.
Fairy tale
Col corpo piagato
attendi sfinito
davanti alla porta chiusa del cielo
troppo fioca è la voce
per compiere l’opera
non la sente l’oceano di ombre
che s’avventa alla proda
e ancora ancora inneggia
all’oscuro disfattore di anime
che accarezza le alghe sul capo
degli annegati
nella luce muta.
Cena in Emmaus
Quando trema e scompare la presenza
e fiammando trascorre
troppo fioca è la voce per parlare
e lucendo la forza viene meno
per spezzare il pane –
resta vuota la sedia
e dal muro s’irradia
a lettere di luce
una scritta di revoca
sopra il vuoto del tempo che s’oscura.
[L’immagine di copertina è di Rembrandt, La cena ad Emmaus, 1649]