Da “Vermiglia Goccia” – di Maddalena Pezzotti (Manni Ed. 2023)
Epitaffio
Ho mendicato
per questa terra
acqua e sale,
saccheggiato
le vie del cuore,
ceduto al sonno
fra braccia sconosciute.
Ho vissuto come un cacciatore,
delle ere ho conosciuto
solo il ferro.
***
Scorro fra nomi
a cui appartengo,
a frammenti ricordo,
le parole,
le storie ritrovando
a metà strada.
***
La madre
Le volevo accarezzare
le tue vene di vetro
e i tuoi piedi duri
di scarpe consumate.
Volevo, volevo affondare
nel tuo seno gonfio
nel tuo ventre immenso.
Per il mio senso
nella tua vita immaginata,
quale alfabeto?
Per il taglio vermiglio
fra il mio e il tuo ventre,
quale ferro,
quale sutura?
***
Ancora un epitaffio
Dell’alba la terra rorida
della pioggia il fango
i miei piedi hanno calpestato
l’erba docile e fresca
radici sotterranee e incorruttibili.
Sono andata, sono venuta,
sono tornata, mi sono perduta.
Assassina, meretrice,
ho rubato, cospirato
e tradito.
Ho mangiato frutti sconosciuti
mi sono svegliata in luoghi senza nome
ho intrecciato i capelli con spine
e foglie.
Dai miei piedi cresce una fronda
occulta anima selenica
verde primitivo e potente
sposa ctonia e madre notturna.
Dai miei piedi una fronda
richiama al ventre umido
immobile cosmico amplesso
tutto racchiuso, nulla manifesto.
***
Come un naufrago
su questo lido
conosciuto, sconosciuta
io, fra orizzonte
e orizzonte.
***
Mille anni e un giorno
tanto tempo è passato
la testa da un lato reclina.
La terra percorsa
da eserciti al galoppo,
il sangue disperso,
civiltà cadute, in rovina.
Stanco il cuore
che ha visto foreste
appassire e asciugarsi
antichi fiumi,
vegliato bozzoli e gusci
mai dischiusi nelle ore
immobili delle ere.
Solo riaccomodo la testa,
e ancora c’è un giorno
che deve finire.
***
Si inseguono le ore
in questa notte di veglia,
si muovono fredde, imperturbabili,
sopra le acque e la crosta
dei continenti
assecondando il moto perpetuo
degli spazi siderali
e senza scosse, né stupore,
si sovrappongono, e il tempo
ricongiungono, come una ferita
sanata.
***
Leggendo Euripide
Piangi, tu, piangi,
sacro il canto del monte
tu piangi i mali, tuoi,
furenti.
Dattorno il silenzio
dell’acqua e degli uccelli,
non v’è riposo alle fonti,
né incanto nel sonno.
Ora che nel bosco è
solitudine, parla
a me che sono tua:
Cosa vuoi dire?
***
Sarò donna che prende
un treno, scende le scale
assente, aspetta a un semaforo,
riflette su un biglietto, fruga
fra la moneta e paga
un’altra corsa, non riconosce
la stazione, solleva un peso
sopra la testa, non può perdere
la coincidenza, torna sui passi e
sui luoghi, compare da dietro una tenda,
tiene stretto in mano un dolore.
***
Officina 4
I.
Di nuovo poliformi le strisce
e i coriandoli,
sparsi tarocchi, scruto per ore.
II.
Lo sguardo vaga in pochi centimetri
ossessivi di legno, sofà, trapunta fiorita.
III.
Qualcosa che cerco, che non ricordo
non conosco, non trovo.
IV.
Di repente vedo io e paziente raccolgo
e ancora interrogo e attendo,
e lascio che legga la voce quante
le volte necessarie.
V.
Riconosco a strappi, nella distanza
il presente
nel verso passato del futuro postulando.
VI.
E resto qui dove non c’è rumore,
il vento tace, la luna compie il suo ciclo.
***
Maddalena Pezzotti è nata a Gazzaniga, Bergamo. Esperta internazionale delle Nazioni Unite in inclusione sociale, diversità culturale, equità e sviluppo, negli ultimi vent’anni ha vissuto in quattro continenti. È senior fellow in Teoria e politica della conoscenza presso l’Università nazionale interculturale dell’Amazzonia in Perù e membro del comitato scientifico della Fondazione Einaudi. Collabora con testate giornalistiche su affari esteri. Vermiglia Goccia è il suo primo libro di poesia.
(IN COPERTINA: H. Matisse, Atelier en rouge, 1911)