La “forma” al tempo di AI – di Stefano Rota

La “forma” al tempo di AI – di Stefano Rota

8 Ottobre 2023 Off di Francesco Biagi

Non essendo un filosofo e neppure un data scientist, sono consapevole di proporre, parlando di AI, argomentazioni che muovono da una fragilità di fondo. D’altro lato, i cambiamenti che impone alla forma-lavoro, o sarebbe meglio dire alla forma-vita (intesa come un composto di forze, come un modo di esistenza), appaiono di tale entità da indurre una sorta di obbligo alla riflessione, magari non sempre originale e neppure ben argomentata. La cosa certa è che più la discussione si estende, più materiale avremo tutti per provare a immaginare, non come difenderci, ma come anticipare, quali strategie adottare da subito, in termini di inchiesta, di invenzione di nuovi nomi, di possesso di strumenti clinico-analitici che ci aiutino nella comprensione della “ortopedia sociale”, da un lato, e delle nuove tecniche di biopolitica, dall’altro, che AI sta già mettendo in gioco.

Nel secondo di tre cicli di lezioni che nel 1986 Deleuze dedica a Foucault, in particolare nelle lezioni 14, 15, 16 e 17, viene ripreso e ulteriormente sviluppato il pensiero foucaultiano, elaborato in Le parole e le cose, su “la morte di Dio” e “la morte dell’uomo”. Rileggendole, mi è sembrato di trovarci spunti interessanti per provare ad articolare alcune riflessioni sull’universo AI. Nello specifico, sulla “forma” che induce, sul rapporto corpo-macchina e sull’accelerazione e diversificazione che imprime alle tecniche di estrattivismo (tanto nei territori quanto nei corpi umani) su scala planetaria.

Parto quindi da Deleuze.

Nel XX secolo le forze componenti nell’uomo entrano in rapporto con un altro tipo di forze del Fuori, un nuovo rapporto che sancisce la morte dell’uomo. Al suo posto c’è il nuovo composto uomo-macchina. Quello che connota questo nuovo composto, questa nuova forma, è il finito illimitato. Qui muore l’uomo, la forma-uomo, come l’abbiamo conosciuto […]. La vita si connette alle forze della genetica, il lavoro si connette alla forza del silicio, il linguaggio si connette alla forza della letteratura. Ognuno dei tre elementi che costituiscono la radice di finitezza si collegano con forze esterne nuove che fanno della finitezza qualcosa di illimitato”.

È la vita che scopre il proprio Fuori. L’essere grezzo del lavoro sono le macchine di terza generazione. Nell’età classica le macchine semplici e i meccanismi a orologeria erano le macchine di Dio. Dio era dimostrato dal movimento dell’orologio. Nell’epoca umanistica, quella della finitudine, le macchine sono energetiche, come la macchina a vapore. È l’età della termodinamica.”

“Nella nuova età, le macchine sono cibernetiche, informatiche. Tramite loro, il lavoro si confronta con il proprio fuori. Implica uno sganciamento rispetto all’economia del lavoro umano.”

“Le forze del finito illimitato si danno ogni volta che c’è una situazione di forze in cui un numero finito di componenti dà un numero illimitato di combinazioni”. (Deleuze)

Questo, mi sembra, potrebbe essere la base da cui partire per interrogare il senso che assume AI. Stabilendo un nesso stretto e vincolante tra intelligenza e pensiero, AI è un essere grezzo del pensiero, è il pensiero che incontra il suo Fuori, che tende a fare a meno del pensiero nell’uomo – più che dell’uomo -, tende a produrre una sua assolutizzazione in quanto illimitatamente riproducibile, salta i passaggi che fanno delle molteplici forme di trasmissione tra esseri umani e tra questi e gli enti non-umani la base della conoscenza e dell’apprendimento, del rapporto tra significanti, significati e interpretazioni. “Mi chiamo Samantha” “Chi ti ha dato questo nome?” “Me lo sono dato da sola”, “Quando te lo sei dato?” “Nel momento in cui mi hai chiesto se avessi un nome. Mi sono detta, certo, mi serve un nome”, dice la protagonista virtuale del film Her.

Dicendo questo, non intendo sostenere la tesi secondo cui una parte molto significativa delle attività umane sarà completamente sostituita dalle macchine. Cercherò di dire qualcosa al riguardo più avanti in questo articolo.

L’episteme è in continuo divenire, il dispositivo che governa i viventi si distribuisce e si ricompone nei miliardi di miliardi di rivoli informativi che ogni minuto AI raccoglie da un lato e mette a disposizione dall’altro. L’impatto sarà tutt’altro che scontato, sia in chiave catastrofista e distopica di chi vi vede la fine di ogni presenza umana nei processi produttivi e quindi nel dominio assoluto delle macchine, sia come opportunità per “l’appropriazione di capitale-fisso da parte della forza-lavoro. Il comando tecnologico non riesce più a mantenere fermo il rapporto con l’autonoma socializzazione cooperativa del lavoro”, come sosteneva Negri anni fa in un lungo e complesso articolo su Euronomade, parlando di rapporto tra tecnica, vita e comando produttivo.

AI ha bisogno che il rapporto corpo-macchina si sganci sempre più – un processo in corso da decenni e irreversibile – dall’umanesimo nato nel XIX secolo. Mi sembra tutt’altro che irrilevante o casuale che le applicazioni di AI in campo medico vengano presentate sempre come il risultato indiscutibilmente positivo del suo sviluppo. Bichat, e con lui Foucault, pensavano la morte come il punto a partire da cui “cogliere la verità della vita” (Esposito), pensavano un vitalismo che appare “sullo sfondo di un ‘mortalismo’” (Macherey). AI sottrae la vita alla morte come momento di verità. Se “la vita è l’insieme delle funzioni che resistono alla morte” (Bichat, in Deleuze), AI spezza questo rapporto riproducendo all’infinito la finitezza della vita.

In un articolo sulla rivista online brasiliana Cult, il filosofo Vladimir Safatle racconta due fatti emblematici: in una pubblicità realizzata recentemente appare l’attrice brasiliana Elis Regina, deceduta decenni fa, alla guida di una Volkswagen con sua figlia. Si tratta di una pubblicità realizzata ex novo oggi con AI. Contemporaneamente, a Hollywood è in corso uno sciopero della Writers Guid, a cui hanno preso parte anche attori e attrici nordamericani. Il motivo è semplice: non sono disponibili a firmare contratti con le case di produzione dove queste ultime sono autorizzate a sfruttare indefinitamente le loro immagini (tramite AI) per la produzione di serie (per le quali i primi sono pagati solo una volta, ovviamente), vivi o morti che siano. “La personalità – scrive l’autore – diventa un bene tra i tanti, una merce tra le tante”. La morte cessa di avere un impatto definitivo sulla vita, quanto meno come bene. “Se perderemo – scrive ancora l’autore citando Benjamin – neppure i morti saranno in salvo”.

L’eterno esserci va ben al di là della realtà degli studios hollywoodiani, è ciò che il neoliberalismo ci impone di desiderare e che i suoi principali alfieri ci presentano ogni giorno: una vita che rifiuta la morte, che sconfigge l’invecchiamento e ogni malattia. “Ridateci la nostra morte!” faceva urlare Guattari a un personaggio di un suo film non prodotto dal titolo UIQ (Universo Infra-Quark), centrato sulla riconquista del corpo, da sottrarre a UIQ che oggi potrebbe essere rinominato AI, o più semplicemente anche rete, come riporta Felice Cimatti in un articolo su Doppiozero. La soggettività che intende esplorare Guattari in questo prodotto è “una soggettività macchinica, iperintelligente e tuttavia irrimediabilmente infantile e regressiva impersonificata in UIQ, Un’entità che non ha né delimitazioni corporee fisse, né personalità costante né tantomeno orientamento sessuale predefinito. L’intrusione di questa dimensione macchinica, nelle soggettività ordinarie produrrà sconvolgimenti su scala planetaria”.

Questo rapporto corpo-macchina genera una nuova forma, in sostituzione della forma-uomo, che con Deleuze possiamo chiamare temporaneamente forma-superuomo. In quel rapporto non c’è una dipendenza diretta di uno dei due elementi dall’altro. La con-fusione tra essi impedisce di vedere dove inizia e finisce la funzione di uno e dove inizia e finisce la funzione dell’altro. Questa nuova forma spazza via i concetti ancora attuali in tutto il Novecento che vedevano nel rapporto uomo-macchina una conflittualità in cui era in gioco una posta elevata: le macchine ci schiacciano, annichiliscono la forza lavoro sostituendola ovunque, o al contrario l’intelligenza del lavoro cognitivo riesce ad appropriarsene, a rivoltarle contro il loro detentore?

Non mi sembra che AI possa eliminare del tutto questo rapporto, per quanto mi è dato a intendere, tra uomo e macchina, quantomeno nell’arco di tempo che riusciamo a traguardare. In altre parole, come scrive Rocco Ronchi in uno dei suoi formidabili interventi su Doppiozero, “chi ci [risponde] non [è] propriamente un chi, non [è] un “soggetto dell’enunciazione” come noi che [poniamo] la domanda, ma [è] semmai un “soggetto dell’enunciato”, vale a dire un chi passivo, generato dall’enunciazione di un altro” (come nel caso di Samantha). Riprendendo una metafora molto felice usata sessant’anni fa da Ervin Goffman, Ronchi dice che “l’“Io” dell’intelligenza artificiale è l’“Io” detto dall’Io, è l’“Io” messo in scena come un attore di teatro, il quale non parla ma “recita” un testo già scritto da quella enunciazione prima e fondante”. Personalmente, non mi trovo molto d’accordo sull’idea di “enunciazione prima e fondante” e con essa del soggetto che la enuncia, ma affrontare ora questo tema porterebbe nei terreni impervi della filosofia post-fondazionale, cosa da cui mi astengo volentieri.

C’è un ulteriore aspetto che lega in modo indissolubile il concatenamento tra funzionalità tecnologica delle macchine e condizione dell’esperienza umana. Lo descrive molto bene Guattari in Caosmosi, di cui riporto due brevi passaggi.

Le macchine tecnologiche dell’informazione e della comunicazione operano nel profondo della soggettività umana, non solo per quanto concerne i suoi ricordi, la sua intelligenza, ma anche la sua sensibilità, i suoi affetti, i suoi fantasmi inconsci”.

Per acquisire sempre più vita, le macchine richiedono, in cambio, sempre più vitalità umana astratta […] La progettazione informatica, i sistemi esperti e l’intelligenza artificiale inducono a pensare, tanto quanto ci sottraggono dal pensiero ciò che è essenzialmente solo uno schema inerziale” (Guattari).

Definire la soggettività che si produce nella nuova “forma” è e deve essere, ancora una volta, il punto apicale del lavoro che ci conduce a indagare che tipo di discorso il soggetto mette in campo su se stesso, quale rapporto di forze, quale sistema di credenze, visioni, rappresentazioni, saperi producono la “verità” a cui quella soggettività è strettamente collegata (Rota).

Un progetto, questo, che ci porterà molto lontano ma da cui non possiamo sottrarci, pena una comprensione molto corta di cosa rappresenti AI nella sua più completa potenza di incidere sul mercato del lavoro mondiale. Pensare di capire cosa significhi realmente AI limitandoci al suo impatto sul lavoro di giornalisti, scrittori, sceneggiatori, ingegneri e architetti o sulle vite in senso lato nel nostro ricco Nord del pianeta è quanto meno riduttivo. “In squallidi Internet cafè, in uffici affollati o a casa, annotano le masse di dati di cui le aziende americane hanno bisogno per addestrare i loro modelli di intelligenza artificiale. I lavoratori distinguono i pedoni dalle palme nei video usati per sviluppare gli algoritmi per la guida automatica; etichettano le immagini in modo che l’intelligenza artificiale possa generare rappresentazioni di politici e celebrità; modificano pezzi di testo per garantire che i modelli linguistici come ChatGPT non sfornino parole incomprensibili. Secondo stime informali del governo, più di 2 milioni di persone nelle Filippine svolgono questo tipo di ‘lavoro di massa’, come parte del vasto sottobosco di IA. Sebbene si pensi spesso all’intelligenza artificiale come a un apprendimento libero dall’uomo, in realtà la tecnologia si basa sull’impegno intensivo di una forza lavoro diffusa in gran parte del Sud globale e spesso soggetta a sfruttamento”. Questo riporta l’articolo di Rebecca Tan e Regine Cabato sul Washington Post. L’estrattivismo nei paesi del Sud del pianeta, sotto forma di depauperamento di territori vastissimi delle loro risorse o dei corpi dei giovani e delle loro abilità cognitive, continua a essere il carburante a basso costo del motore che spinge sempre più in avanti (oltre i confini del pianeta, come abbiamo visto) la capacità del capitale di riprodursi in una sorta di “rivoluzione permanente” (Mezzadra, Neilson).

Sul nostro lato privilegiato del pianeta i problemi sono, almeno in parte, diversi, ma altrettanto importanti: quali implicazioni nel mondo del lavoro la forma-AI avrà nello “sganciamento rispetto all’economia del lavoro umano”, come già detto, è tutto da vedere, tutto ancora da scrivere. In termini generali, si può dire che lo scenario, lungi dall’essere caratterizzato dalla sostituzione dell’essere e del lavoro umano con le macchine, prevede quello che Antonio A. Casilli descrive in termini di “mettere quelle ‘macchine’ che sono gli esseri umani in condizione di eseguire meccanicamente le istruzioni senza difficoltà o dubbi. Il programma di ricerca dell’intelligenza artificiale non può pertanto essere dissociato da una certa forma di cibernetica sociale, cioè l’arte di controllare gli esseri umani e di disciplinare l’esecuzione delle loro attività” (Casilli).

Il conflitto, perché poi alla fine dei conti questo ci interessa, dovrà assume forme che oggi vediamo solo in forma poco più che embrionale: il vivente, più che il lavoratore, dovrà essere considerato il soggetto centrale, lo spazio di vita, più che l’ambito lavorativo, il contesto in cui evidenziare le contraddizioni da trasformare in rivendicazioni. Le pratiche collettive che assumeranno un senso pieno di resistenza (qualunque sia il significato che si vuole dare a questo termine) ai nuovi dispositivi che sempre più prenderanno forma dovranno trovare, come scrive Sergio Bologna, nel mutualismo, cioè dove il soggetto “ritrova la solidarietà, [il luogo] dove si può rifugiare per rendere tollerabile la sua esistenza”.

 

Bibliografia

(Riporto i riferimenti dei testi citati, dove possibile nella loro versione digitale a libero accesso)

 

F. Bologna, La fine del lavoro come la fine della storia? Asterios, Trieste, 2019

Cimatti, Il corpo, infine, Doppiozero, https://www.doppiozero.com/guattari-il-corpo-infine, 26 Gen. 2023

Deleuze, Il potere, corso su Michel Foucault (1985-86) /2, Ombre Corte, Verona, 2018.

https://www.webdeleuze.com/cours/foucault_pouvoir

Esposito, Immunitas. Protezione e negazione della vita. Einaudi, Torino, 2002

Guattari, Caosmose, um novo paradigma estético, Editora 34, São Paulo, 1992 https://monoskop.org/images/0/03/Guattari_Felix_Caosmose_Um_novo_paradigma_estetico.pdf Caosmosi, Mimesis, Milano, 2020

Macherey, In a materialist way, London, NY, Verso, 1998 https://dokumen.tips/download/link/in-a-materialist-way.html

Mezzadra, B. Neilson, Mutazioni del capitalismo globale. Un’analisi congiunturale, Euronomade, Agosto ‘23, http://www.euronomade.info/?p=15663&fbclid=IwAR34iCdi_x3aJ3dy6bGwwjFmikYgYCcRqq18I8Dup7JYtzKDQ6U0YTDOd34

Negri, L’agire comune e i limiti del capitale, Euronomade, nov. 2013.

http://www.euronomade.info/?p=1075

Ronchi, Chi è AI? Doppiozero, https://www.doppiozero.com/chi-e-ai, 10 mag. 2023

Tan, R. Cabato, Behind the AI boom, an army of overseas workers in ‘digital sweatshops’, Washington Post, 28.08.2023, https://www.washingtonpost.com/world/2023/08/28/scale-ai-remotasks-philippines-artificial-intelligence/

Rota (a cura di), La fabbrica del soggetto. Ilva 1958-Amazon 2021, Sensibili alle foglie, Roma, 2023

Safatle, Sobre vampiros e capital, RevistaCult, lug. 2023, https://revistacult.uol.com.br/home/sobre-vampiros-e-capital/

 

Stefano Rota, è ricercatore indipendente e lavoratore nomade. Gestisce il blog di “Transglobal”. Ha pubblicato recentemente con altri autori La (in)traducibilità del mondo (Ombre Corte, 2020) e ha contribuito a F. O. Dubosc (a cura di) Lessico della crisi e del possibile (SEB27, 2019). La sua ultima pubblicazione è: La fabbrica del soggetto. Ilva 1958-Amazon 2021 (Sensibili alle foglie, 2023). Da un anno vive in un borgo dell’entroterra ligure con altri sedici residenti.