Il non finito – di Ruggero Savinio

Il non finito – di Ruggero Savinio

3 Gennaio 2025 Off di Mario Pezzella

Ruggero Savinio, da poco scomparso, ci aveva dato questo articolo per il prossimo numero della nostra rivista. Aveva avuto la generosità di scrivere per Altraparola, e una sua immagine di Dino Ignani è sulla copertina. Non era solo un grande artista, ma un’anima nobile e sensibile. La sua scomparsa ci addolora e lascia un grande vuoto.

(la fotografia di copertina è di Dino Ignani) 

Parlare dell’incompiutezza, giudicare un’opera incompiuta vuol dire sottintenderne la compiutezza: il non finito presuppone la finitezza. Un dilemma che mi ha occupato spesso, anzi, posso dire che il mio modo di dipingere e di considerare la pittura si è sempre mosso intorno a questo dilemma. Lo identificavo certe volte con una scelta fra stile e abbandono. Due momenti, due istanze che volevo racchiudere in una: lo stile, pensavo, contiene in sé l’abbandono. Anche l’abbandono contiene lo stile. Credevo di trovare l’espressione di questo nel contrasto fra pittori emblematici. La scioltezza cromatica di Delacroix lascia trasparire, a guardar bene, una solida griglia formale, quello che è stato chiamato: la geometria segreta dei pittori. D’altra parte, il chiuso rigore del suo avversario Ingres, se avviciniamo l’occhio alla sutura delle sue figure, esse si slabbrano, eccedono il limite del contorno, insegnano che la pittura, se è vera e naturale, contiene in sé la sua distruzione. Questo è un pensiero di pittura che mi sono portato appresso per anni, e ho creduto di testimoniare anche con certi insegnamenti zen – Lo zen e l’anima del principiante – il principiante contro la finitezza stilistica che a volte possiamo chiamare accademica, e anche con l’esempio dell’emozionante libertà formale di certi artisti alla fine della vita, Tiziano, Michelangelo.

Adesso che sono anch’io alla fine mi accorgo che l’incompiuto è la condizione che stringe insieme arte e vita: come la compiutezza di un’opera presuppone sempre una possibile ulteriorità che resta desiderata e affidata al tempo futuro, così adesso, quando il tempo si restringe – o si allarga in un’immobile eternità – l’incompiutezza, il non finito dell’arte e della vita sono il vero accento che ci è dato pronunciare.

 

Ruggero Savinio

18 dicembre 2023