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Natura umana, ragione e libertà – di Giorgio Graffi
N.B.: Per concessione dell’editore, si tratta di un’anticipazione di un libro di prossima uscita. (da Giorgio Graffi, Noam Chomsky. Un intellettuale tra linguistica e politica, Carocci, Roma, 2025, cap. 6)
Chomsky ha sempre detto che la sua attività in campo politico ha un rapporto molto tenue con la sua professione di linguista […]. Nei suoi saggi politici non mancano tuttavia osservazioni di carattere linguistico, alcune di sapore esplicitamente orwelliano, come quando cita degli esempi di “neolingua”, nel senso di 1984 […]. Uno di questi è la ridenominazione, nel 1947, del “ministero della Guerra” (etichetta che risaliva a «un’epoca pre-orwelliana») americano in “ministero della Difesa”: «chiunque fosse a conoscenza dei fatti, però, sapeva bene che non aveva nulla a che fare con la difesa, bensì con l’aggressione e l’attacco» (Chomsky, 2018, trad. it. p. 16). Un altro è stato chiamare “aggressione” la rivolta dei Vietcong nel Vietnam del Sud contro il governo filoccidentale […]; un politico statunitense, di area liberal, Adlai Stevenson, la definì “aggressione interna”: «Orwell ne sarebbe rimasto impressionato» (Chomsky, 1987, trad. it. p. 202).
[…]
L’analisi del linguaggio politico non ha nessun rapporto particolare con i lavori tecnici di Chomsky, il quale, anzi, sostiene che tale analisi non è affare esclusivo di linguisti professionisti, ma richiede semplicemente l’uso del buonsenso e di una certa dose di scetticismo […].
Anche se non c’è un legame stretto tra le idee linguistiche e le idee politiche di Chomsky, alla radice di entrambe c’è però una specifica concezione della natura umana:
Probabilmente esiste, a un livello molto profondo e astratto, una sorta di concezione comune della natura umana, dell’anelito dell’uomo alla libertà e del diritto a essere liberi da coercizione e controllo esterni; questo tipo di immagine anima le mie preoccupazioni sociali e politiche. I miei interessi per l’anarchismo, che risalgono alla mia prima infanzia, entrano in gioco in modo chiaro e abbastanza preciso nel mio lavoro sul linguaggio e sul pensiero (Chomsky, 1992, p. 75).
[…]
Forse non è del tutto casuale che i primi saggi di argomento politico scritti da Chomsky risalgano alla seconda metà degli anni Sessanta: quella è infatti l’epoca in cui la sua concezione del linguaggio come capacità umana viene formulata per la prima volta in maniera organica e totalmente esplicita. […] Uno degli assunti fondamentali della teoria di Chomsky è che alla base dell’acquisizione del linguaggio sta una capacità mentale innata (la Grammatica Universale), in quanto ogni spiegazione basata sulla sola esperienza è insufficiente. Estendere questa concezione dal linguaggio ad altri domini cognitivi è un passo abbastanza breve: come dice Chomsky all’inizio del dibattito con Foucault, se il bambino possiede una «conoscenza istintiva», uno «schematismo» che gli permette di acquisire la propria lingua materna e che è «un costituente fondamentale della natura umana», è ragionevole assumere che «qualcosa dello stesso genere» sia vero anche per altri aspetti della nostra struttura cognitiva e del nostro comportamento (cfr. Chomsky, Foucault, 2011, trad. it. pp. 4-5).
Particolarmente significativa, da questo punto di vista, è un’altra opera […], cioè Chomsky (1966), che, a dispetto del titolo, non si occupa solo di Cartesio né solo di linguistica, ma vuole essere una ricostruzione di quello che il suo autore definisce «un capitolo di storia del pensiero razionalistico» da Cartesio fino a Humboldt […]. Caratteristiche di questa tradizione di pensiero sono la fiducia nella ragione (che «è l’unica cosa che abbiamo»; Chomsky, 1987, trad. it. p. 88) e l’idea che ognuno di noi è caratterizzato da «uno dei bisogni fondamentali – e quindi un diritto fondamentale – dell’uomo, [che] è quello di indagare e creare, senza essere costretto da forze esterne» (Chomsky, 2005, trad. it. p. 240).
La capacità tipicamente umana di produrre enunciati sempre nuovi e non determinati dalle condizioni in cui sono emessi, già notata da Cartesio e ribadita da Humboldt, è un indice di questa libertà da costrizioni esterne. Se dunque l’uomo è un essere dotato di libertà e creatività, ne deriva «un concetto di dignità umana che considererebbe una violazione dei diritti umani fondamentali essere schiavizzato, posseduto da altri, a mio avviso anche affittato da altri, come nelle società capitaliste, e così via» (Chomsky, 1992, p. 2). Quindi possiamo ipotizzare che Chomsky abbia trovato nella storia del pensiero razionalistico, come da lui interpretata, il fondamento filosofico non solo delle sue ipotesi sulla natura del linguaggio, ma anche delle concezioni politiche libertarie che aveva maturato fin dalla prima adolescenza. Tale presa di coscienza filosofica si realizza proprio in un’epoca caratterizzata da grandi fermenti sociali, come la mobilitazione contro la discriminazione razziale e la guerra nel Vietnam: la combinazione di questi due fattori induce Chomsky a impegnarsi anche nell’ambito della politica.
In ogni caso, alla base delle idee di Chomsky, tanto nell’ambito linguistico e più genericamente filosofico quanto in quello politico, sta la concezione della natura umana come qualcosa di immutabile e immutato attraverso il tempo: «direi che da un punto di vista biologico e antropologico la natura dell’intelligenza umana non è certamente cambiata in modo sostanziale, almeno dal XVII secolo, ma probabilmente neanche dall’uomo di Cro-Magnon» (Chomsky, Foucault, 2011, trad. it. p. 40).
[…]
La maggior parte dei pensatori marxisti sostiene però che «“l’uomo non ha essenza al di fuori della sua esistenza storica”, che “la natura umana non è qualcosa di fissato dalla natura, ma, al contrario, una “natura” creata dall’uomo con i suoi atti di ‘autotrascendenza’ come essere naturale”» (Chomsky, 1987, trad. it. p. 294). Ad esempio, Gramsci (1971, p. 24) afferma che «l’innovazione fondamentale introdotta dalla filosofia della prassi nella scienza della politica e della storia è la dimostrazione che non esiste un’astratta “natura umana”, fissa e immutabile […] ma che la natura umana è l’insieme dei rapporti sociali storicamente determinati». Chomsky (1975, trad. it. p. 133) giudica l’affermazione «sicuramente falsa in quanto non ci sono prove ed è un modo discutibile di leggere Marx». Il nostro autore si riferisce altre volte a Gramsci, mostrando di condividerne le posizioni […], ma in questo caso, come si vede, il disaccordo è totale, per quanto riguarda sia la concezione della natura umana, sia l’interpretazione di Marx.
Tornando sulla frase di Gramsci in un lavoro successivo, Chomsky (1987, trad. it. p. 294), osserva che il filosofo e politico italiano evidentemente non si riferisce agli «organi fisici umani in generale, ma a un organo specifico: il cervello umano», che non sarebbe il frutto di una struttura geneticamente determinata, ma una semplice tabula rasa. Tuttavia, lo studio delle nostre capacità cognitive, e in particolare del linguaggio, ci ha mostrato come questa tesi sia infondata: non è possibile spiegare in modo adeguato l’acquisizione del linguaggio senza postulare l’esistenza di una struttura innata. Quindi, la natura umana, anche per quanto riguarda le funzioni intellettuali, non è il prodotto di rapporti sociali storicamente determinati, ma è immutata dall’uomo di Cro-Magnon a oggi, essendo in larga parte iscritta nei nostri geni.
Se i vari argomenti addotti a favore di tale conclusione sembrano sufficienti, o almeno non trascurabili, per giudicare l’affermazione di Gramsci «sicuramente falsa», molto meno fondato è sostenere che essa si basa su una lettura discutibile di Marx […].
[…]
Le concezioni della natura umana di Marx e di Chomsky, con tutto quello che ne consegue per quanto riguarda i concetti di diritto, giustizia ecc., appaiono […] opposte: storicamente condizionata la prima, biologicamente determinata (in larga misura) la seconda.
Riferimenti bibliografici
Chomsky N. (1966), Cartesian Linguistics: A Chapter in the History of Rationalist Thought, Harper & Row, New York (trad. it. Linguistica cartesiana, in Saggi linguistici, vol. 3, Boringhieri, Torino, 1969, pp. 41-128).
Id. (1975), Reflections on Language, Random House, New York (trad. it. Riflessioni sul linguaggio, Einaudi, Torino 1981).
Id. (1987), The Chomsky Reader, ed. by J. Peck, Pantheon Books, New York (trad. it. Linguaggio e libertà, Marco Tropea, Milano 2008).
Id. (1992), Chronicles of Dissent: Interviews with David Barsamian, New Star books, Vancouver.
Id. (2005), Chomsky on Anarchism, selected and ed. by B. Pateman, AK Press, Oakland-Edinburgh (trad. it. Anarchia. Idee per un’umanità liberata, Ponte alle Grazie, Milano 2015).
Id. (2018), Kampf oder Untergang! Warum wir gegen die Herren der Menschheit aufstehen müssen, Westend, Frankfurt am Main (trad. it. Lotta o declino. Perché dobbiamo ribellarci contro i padroni dell’umanità, Ponte alle Grazie, Milano 2021).
Chomsky N., Foucault M. (2011), Human Nature: Justice vs Power. The Chomsky-Foucault Debate, ed. by F. Elders, Souvenir Press, London (trad. it. La natura umana. Giustizia contro potere, Castelvecchi, Roma 2013).
Gramsci A. (1971), Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, Editori Riuniti, Roma.