Scherzi di cultura – di Antonio Tricomi

Scherzi di cultura – di Antonio Tricomi

21 Dicembre 2023 Off di Francesco Biagi

Cultura di governo

 

Oh! Me so’ spiegata?

Nun famo un cazzo

rispetto all’andazzo:

’na bella copiata

da quello de prima

ch’er monno lo stima,

e noi nun capiamo

’na cippa de leggi.

Ma famo scorreggi

appena parliamo:

Dante sta a destra;

fu, la Resistenza,

massacri, banditi;

amor di radici;

confini blindati;

anglismi vietati.

Poi damo du’ spicci

a quelli poracci,

nu po’ d’evasione

a quelli ben messi,

ché senza ’sti fessi

noi, all’elezione…

Però niente più.

Cjavemo soltanto

da fare pupù

con parole, tanfo:

dovemo soffiare

la involuzione

pre post culturale.

Se noi semo bravi

a fare ’sta merda

con gli sdoganati

rancori de destra,

poi sì che l’acclama,

’sta folla de corte,

mo’ come se chiama…

ah, già: l’omo forte.

Ché non se pò dì

er duce. No no.

I rossi non vò.

Li famo sparì,

s’ancora ce n’è.

Capito com’è?

La nostra missione:

aprire la via

a un periodone

che democrazia

neppure formale.

Er monno s’encendia,

arriva tregenda.

Dovemo allestì

nu po’ de plotoni

de tanti cojoni

pronti a morì.

 

(1° aprile 2023)

 

 

Legittima difesa

 

Ahó, ma famose ’n po’ a capì:

«Annate a zappà» nun se pò dì;

«Ma quanto s’abbuffano i poracci!»

pure, lo dici, e volano stracci.

 

Nun fai magnà la carne per ricchioni,

e la scienza ti scassa i coglioni.

Frecce Rosse? Nun se ponno fermà.

I negri nun s’hanno da insultà

 

(che manco ho detto: «Famoli castrà»;

ho detto: «C’hanno un cazzo che ie dà,

mentre i nostri nun s’arrizzano più,

con tutte ’ste teorie frù frù»).

 

Ah cocchi rossi, che c’avete in testa?

Che semo vinto e nun famo festa?

Semo aspettato sedici lustri,

ce semo presi i vostri insulti –

 

«Squadristi!», «Analfabeti!», «Puzzoni!»,

«Ve piacciono i cinepanettoni!»,

«Sapete legge giusto gli scontrini!»,

«Crescete i pupi coi soldatini!» –

 

e mo’ ar cazzo, stretti, v’attaccate:

semo peggio de come pensavate.

Ve famo ride appena parlamo?

Ridete, ridete: noi comannamo.

 

E famo arrapà tutta la gente

che a voi ve pare gente da gnente –

fregnoni medi de media morale –

ma è, di ’sto Paese, spina dorsale.

 

Ve lo mettere er core en pace?

Destra sublime qui non ce n’è. Tace.

Noi semo quelli del cerchiobottismo

tra razzismo, sessismo, qualunquismo.

 

Del vecchio familismo amorale.

Del lobbismo su base parentale.

Di Onofrio del Grillo, Strapaese:

niente bordelli? tiramo su chiese!

 

Ve lo traduco papale papale:

ma quale cultura patriarcale!

Noi semo viscere senza più freno

nell’era che fa natura l’osceno.

 

Quinni mo’, se me lassate passà,

alla faccia vostra c’ho da magnà

’na matriciana, ’na bella pajata –

che Dio la preservi! – con mi’ cognata.

 

E non lo tollero più ’sto processo:

«Dignità!»; «Ma come te sei permesso?».

De fa che? È l’arte, il governare,

della sovranità alimentare.

 

(25-27 novembre 2023)

 

 

Parola di cannibale

 

Sono tutto eccitato:

di qua un attentato,

di là missili, mine.

Anche bimbi s’uccide.

 

Non dobbiamo sottrarci

al war game, spaventarci.

Sciò, eunuchi in guêpière!

Gli altri in fila, à la guerre!

 

Che occasione stupenda

per rimettere tenda

in dolci pattumiere:

cazzo, patria, preghiere!

 

Altrimenti l’Europa

Cos’è? Giusto una scrofa

che allatta baccanali

di froci, musulmani.

 

V’esorta, brava gente,

uno intelligente:

l’ardor non differite!

Armiamoci, partite!

 

Vi farei compagnia,

ma c’è quest’agonia

che ho un occhio guercio

e l’irrita il lercio

 

della battaglia, dove

fuma la carne come

la paglia arsa dal fuoco.

Ecco: ho fame. Cuoco!

 

(7-28 ottobre 2023)

 

 

Contro fosca malìa

 

Lo so perfettamente:

l’irrisione non serve

a suggerir rimedi

agli scempi che vedi.

 

Può persino finire

col farli digerire.

Col lasciarti sembrare

un complice del male.

 

Se infatti sapessi

di proposte correnti

che sprezzano il torto,

la scarterei. È certo.

 

Agli slanci di quelle,

al tono loro – sempre –

i triti versi miei

lieto accorderei.

 

Ma qui la resistenza

è fatto di coscienza

del singolo soltanto,

se tutto sa di tanfo.

 

Ed essa può valere

un’oncia, se va bene,

di sterile buon gusto,

col marcio che fa festa.

 

Né è di pieno segno

morale questo sdegno:

è lotta con l’osceno

che ovunque fa baleno,

 

giacché spesso accade,

l’altrove quando tace,

che per forma, intanto,

s’osteggi il disastro.

 

Almeno nel mio senso

è, la satira, questo:

voglia di utopia

torta in ironia,

 

speranza di bellezza

volta in amarezza,

civile letargia

contro fosca malìa.

 

(12-15 novembre 2023)

 

 

Monomania

 

Ha sempre, il potere,

un lato buffonesco

ed è un arabesco,

sempre, ogni sapere

 

che offra qualche forma

al pubblico discorso

del tempo che, in corso,

detta la sua norma.

 

Ma poi ci sono ere

in cui l’animalesco,

congiunto col grottesco,

è tutto il potere

 

e anche par che dorma

l’umano nel complesso:

del sapere ogni nesso

in pozza si deforma.

 

In tali circostanze

le esegesi volte

ad analisi colte

spiegano, delle danze

 

d’un macabro presente,

origini e prassi,

esiti e sconquassi,

ma non perché si sente

 

per acide pietanze

un’attrazione forte –

piacere della morte? –

venire dalle stanze

 

già quasi d’ogni gente,

che ha gioia di farsi,

ha fretta di svelarsi

ludibrio non cosciente.

 

Di epoche siffatte

lo spirito profondo,

ch’è legge per il mondo,

non può capirlo l’arte,

 

né lo sa il pensiero

che la monomania

della cialtroneria

non prendano sul serio.

 

Che lascino da parte,

credano infecondo

all’umor tutt’intorno

aprir le loro porte,

 

per fare di quel credo

non certo apologia,

ma solo apostasia

mostrandolo veleno.

 

(28-30 novembre 2023)

 

Immagine: Georg Grosz, Truffatori al bancone, 1922.